Campi di battaglia urbani: l’Africa delle grandi rivolte
A partire dalle primavere arabe i venti di sommossa sono proseguiti negli ultimi anni attraverso il Sahel, dove sono stati determinanti nel promuovere i putsch militari, in Sudan, causando la caduta del regime di al-Bashir, o in Nigeria, dove la mobilitazione giovanile portò nel 2020 allo scioglimento dei famigerati corpi di polizia Sars.
Eventi e fenomeni variegati che hanno alcuni tratti comuni principali: la forte partecipazione giovanile, il ruolo determinante dei social network e la centralità delle città come luoghi di protesta. Tre elementi che insieme sembrano fotografare alla perfezione l’Africa di oggi, sempre più giovane, tecnologica e urbanizzata. Nelle grandi metropoli le disuguaglianze economiche e sociali si fanno drammaticamente evidenti ed è proprio qui che nascono movimenti di protesta che, sfruttando le nuove tecnologie per diffondere idee e contenuti, affiancano studenti e giovani disoccupati dei quartieri periferici.
Per le classi politiche di molti Paesi le piazze sono oggi la minaccia principale alla loro sopravvivenza, ben più di criminalità o gruppi terroristici; aumentano quindi le risorse spese in addestramento ed equipaggiamento a forze speciali di polizia pronte a intervenire in contesti urbani. Anche grazie agli aiuti internazionali, con programmi di addestramento e dotazioni offerti da Stati europei per contrastare criminalità o immigrazione ma talvolta, come documentato in Senegal lo scorso anno, impiegati per reprimere con la forza le proteste popolari.
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