Il crollo dell'industria in Italia

Jan 14, 2024 - 08:18
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Il crollo dell'industria in Italia

Sebbene la nostra industria in senso stretto contribuisca al Pil nazionale “solo” per il 21 per cento, tra il 2007 e il 2022 il valore aggiunto reale dell’attività manifatturiera italiana è sceso dell’8,4 per cento, in Francia del 4,4 per cento, mentre in Germania la variazione è stata positiva e addirittura pari al +16,4 per cento. Tra i principali Paesi europei, solo la Spagna, con il -8,9 per cento, ha registrato un risultato peggiore del nostro. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA. Ricordiamo che dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi, gli ultimi 15 sono stati gli anni più difficili per la gran parte dei Paesi occidentali. Per quanto concerne l’Italia, ad esempio, la grande recessione del 2008-2009, la crisi dei debiti sovrani del 2012-2013, la pandemia del 2020-2021 e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia avvenuta nel 2022 hanno profondamente cambiato il volto della nostra economia. E’ comunque utile evidenziare che tra il 2019, anno che precede lo scoppio della più grande crisi economica/sanitaria avvenuta a partire dal secondo dopoguerra, e il 2022, il settore manifatturiero italiano ha realizzato un rimbalzo superiore a quello registrato nel resto degli altri principali Paesi UE. Insomma, se allarghiamo il periodo di osservazione partendo dalla crisi finanziaria dei mutui subprime non abbiamo ancora recuperato il terreno perduto, diversamente, se lo restringiamo a partire dalla crisi pandemica esplosa 4 anni fa, nessun’ altra grande manifattura europea. Pertanto, è verosimile ritenere che le crisi 2008-2009 e 2012-2013 abbiano sicuramente ridotto e fiaccato la platea delle imprese manifatturiere presenti in Italia, ma abbiano rafforzato la tenuta e le performance di quelle rimaste sul mercato che, rispetto alle concorrenti straniere, hanno superato con maggiore slancio gli effetti negativi provocati dalla crisi pandemica del 2020-2021. A livello provinciale Milano (con 28,2 miliardi di euro di valore aggiunto nominale nel 2021) rimane l’area più “manifatturiera” del Paese. Seguono Torino (15,6 miliardi), Brescia (13,5 miliardi), Roma (12,1 miliardi) e Bergamo (11,9 miliardi). Delle prime 10 province più industrializzate d’Italia, 7 si trovano lungo l’autostrada A4. Tra tutte le 107 province monitorate, quella che tra il 2007 e il 2021 ha registrato la crescita del valore aggiunto industriale nominale più elevata è stata Trieste (+102,2%). Subito dopo c’è Bolzano (+55,1%), Parma (54,7 per cento), Forlì-Cesena (+45%) e Genova (+39,5%). I territori, invece, dove le perdite di valore aggiunto sono state più importanti hanno interessato Sassari (-25,9%), Oristano (-34,7%), Cagliari (-36,1%), Caltanissetta (-39%) e Nuoro (-50,7%).

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Giò Barbera Giornalista iscritto all’elenco dei “Professionisti” dal 2003. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Liguria dal 1991 come pubblicista fino al 2003 quando ha superato l’esame a Roma per passare ai professionisti. Il suo primo pezzo, da album dei ricordi, l’aveva scritto sul ‘Corriere Mercantile’ (con l’edizione La Gazzetta del Lunedì) nel novembre del 1988. Fondato nel 1824, fu una delle più longeve testate italiane essendo rimasto in attività fino al luglio del 2015. Ha collaborato per 16 anni con l’agenzia Ansa, ma anche con Agi, Adnkronos, è stato corrispondente della Voce della Russia di Radio Mosca, quindi ha lavorato con La Repubblica, La Padania, Il Giornale, Il Secolo XIX, La Prealpina, La Stampa e per diverse emittenti radiofoniche come Radio Riviera 3, Radio Liguria International, Radio Babboleo, Lattemiele, Onda Ligure. E' direttore del portale areamediapress.com e di Radiocom.tv