E' morto Matteo Messina Denaro
Otto mesi dopo l'arresto che ha tanto preso spazio sulle prime pagine dei giornali, non solo italiani, Matteo Messina Denaro è morto nel reparto detenuti dell'ospedale San Salvatore de L'Aquila. Il capomafia di Castelvetrano era stato portato nel supercarcere aquilano dove è stato sottoposto alle cure per il cancro al colon, seguito dall'equipe dell'Oncologia dell'ospedale de L'Aquila, curato in cella. Un mese fa, dopo due interventi, la situazione è precipitata e ne è stato disposto il ricovero nel reparto detenuti del nosocomio. Negli ultimi giorni con il peggiorare delle condizioni il capomafia è stato prima sottoposto alla terapia del dolore, poi sedato. Le visite dei pochi familiari ammessi le scorse settimane sono state sospese.
Messina Denaro, però, ha potuto riconoscere la figlia Lorenza Alagna, avuta durante la latitanza e le ha dato il suo cognome. E lei lo ha assistito nelle ultime ore. Dall'arresto il padrino è stato interrogato più volte dai pm di Palermo precisando, fin dal primo incontro, che non avrebbe mai collaborato con la giustizia. Il boss, autorizzato a incontrare i familiari stretti e il suo avvocato, la nipote Lorenza Guttadauro, non ha però mai potuto vedere la sorella, Rosalia Messina Denaro, il suo alter ego, arrestata nei mesi scorsi per mafia.
“Non voglio fare il superuomo e nemmeno l’arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia“ così durante un interrogatorio di fronte ai magistrati di Palermo, oggi reso pubblico, perché inserito nella documentazione con cui la procura ha chiesto la chiusura delle indagini per il medico Alfonso Tumbarello, accusato di avere favorito la sua latitanza.
Nato il 26 aprile del 1962, si era reso irreperibile subito dopo la cattura di Totò Riina, avvenuta il 15 gennaio 1993. Ed esattamente trenta anni dopo anche lui viene arrestato, quasi nello stesso giorno e i due sono legati anche dalle famoso archivio del capo corleonese che secondo il pentito Nino Giuffrè erano nelle mani del boss di Castelvetrano: “Riina era maniacale nel mettere insieme e conservare tutti i documenti, prendeva appunti anche alle riunioni e li metteva da parte e quelle carte sono finite a Matteo Messina Denaro”.
La sua latitanza è datata 2 giugno 1993. Uno degli ultimi avvistamenti è del 14 settembre 1993 proprio a Castelvetrano. Il racconto di quel giorno nel racconto di un investigatore dell’epoca. "Andammo al bar per un caffè e i nostri sguardi incrociarono quello di Matteo Messina Denaro. Allora il boss era ancora libero. Ci scrutammo a lungo, lui sapeva chi eravamo. Noi sapevamo tutto di lui, della sua famiglia e dei suoi amici politici. C'era una strana aria quel giorno”. Ed infatti qualche ora dopo il giovane boss partecipò insieme a Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano al fallito attentato al commissario Rino Germanà che, su mandato di Paolo Borsellino, indagava su Cosa Nostra nel trapanese.
Negli anni il suo impero miliardario veniva pezzo per pezzo smontato e sequestrato ed è stato in gran parte smantellata la sua “rete di protezione” e non si è mai smesso di dare la caccia al padrino che viveva come un fantasma, anche se la sua invisibilità non gli ha impedito di diventare padre.
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