Israele annuncia nuovi insediamenti per seppellire il riconoscimento della Palestina

Ago 17, 2025 - 00:49
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Israele annuncia nuovi insediamenti per seppellire il riconoscimento della Palestina

L’approvazione israeliana di un piano di insediamento nella cosiddetta regione E1 della Cisgiordania, tra Gerusalemme est e Ma’ale Adumim, “è una risposta sul campo a chiunque cerchi di riconoscere uno Stato di Palestina”. Lo ha detto oggi il ministro delle Finanze di Israele, Bezalel Smotrich, durante una conferenza stampa a Ma’ale Adumim in cui ha annunciato di aver approvato la costruzione di 3.401 unità abitative nel progetto insediativo E1, come già anticipato ieri dal suo ufficio riferendo che questo piano “seppellisce l’idea di uno Stato palestinese”. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, ha sottolineato Smotrich, “mi sostiene in tutto ciò che riguarda la Giudea e Samaria (le regioni incluse in quella che gli arabi definiscono “Cisgiordania occupata”) e mi permette di fare la rivoluzione”. Oggi, ha aggiunto, “stiamo scrivendo un capitolo storico nella storia della redenzione del popolo di Israele nella sua terra”. Il ministro ha poi fatto appello al capo del governo affinché “applichi la sovranità israeliana in Giudea e Samaria e faccia in modo entro settembre che gli ipocriti leader europei non abbiano più nulla da riconoscere”. Il riferimento di Smotrich è alla decisione di una serie di Paesi – tra cui Francia e Regno Unito – di annunciare il proprio riconoscimento dello Stato di Palestina in occasione della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite, in programma a settembre. A rappresentare le autorità locali negli insediamenti è il Consiglio di Yesha, di fatto organizzazione ombrello delle istituzioni israeliane presieduta da Israel Ganz, che ha predisposto la conferenza odierna di Smotrich, come riportato dai media ebraici. Secondo quanto ha precisato il quotidiano “Times of Israel”, il ministro delle Finanze ricopre una posizione “di secondo livello” all’interno del ministero della Difesa israeliano, che gli conferisce ampia voce in capitolo sulla costruzione degli insediamenti per i coloni. Il piano approvato da Smotrich è stato discusso per decenni senza tuttavia essere mai portato avanti a causa delle pressioni della comunità internazionale. Il cosiddetto progetto E1, infatti, creerebbe un collegamento fisico tra Gerusalemme Est – che i palestinesi considerano la futura capitale dello Stato di Palestina – e Ma’ale Adumim. I nuovi insediamenti israeliani in Cisgiordania andrebbero pertanto a dividere in due il potenziale Stato di Palestina. Smotrich ha sottolineato che il collegamento tra Gerusalemme Est e Ma’ale Adumim è “strategico, di sicurezza e demografico”, in quanto “garantisce la nostra capitale unita per generazioni”. L’annuncio del ministro israeliano di estrema destra sul via libera al progetto E1 ha già scatenato alcune condanne. L’organizzazione non governativa Peace Now, che monitora l’attività degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, ha osservato che il piano “è mortale per ogni possibilità di raggiungere una soluzione pacifica a due Stati”. Secondo Peace Now, “siamo sull’orlo di un abisso e il governo (israeliano) ci sta spingendo avanti a tutta velocità”. L’organizzazione ha precisato che prima di avviare la costruzione delle nuove unità abitative a Ma’ale Adumim “sono ancora necessari alcuni passaggi”, tra cui l’approvazione dell’Alto consiglio di pianificazione israeliano. Tuttavia, in caso di via libera ufficiale, i lavori infrastrutturali potrebbero iniziare “entro pochi mesi”, mentre la costruzione delle abitazioni “entro circa un anno”, ha avvertito Peace Now. Il ministero degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese (Anp, che amministra la regione cisgiordana di Ramallah) ha nel frattempo definito il piano di insediamento di Israele “una ulteriore estensione dei crimini di genocidio, sfollamento e annessione”, nonché “un eco” delle recenti dichiarazioni di Netanyahu sul “Grande Israele”, alla cui visione si è detto “molto legato”. Durante un’intervista all’emittente “i24News”, quando il giornalista ha mostrato al premier quello ha definito essere un “amuleto” raffigurante “una mappa della Terra promessa” biblica, Netanyahu ha affermato di sentirsi “molto” legato alla visione del “Grande Israele”. Il concetto, nelle sue varie interpretazioni, si riferisce a confini israeliani estesi in base a descrizioni bibliche o storiche, in alcuni casi includendo territori di Giordania, Libano, Siria, Egitto, Iraq e Arabia Saudita. Dopo la Guerra dei sei giorni del 1967, l’espressione è stata usata anche per indicare Israele e le aree conquistate in quell’occasione: Gerusalemme Est, Cisgiordania, Striscia di Gaza, Penisola del Sinai e Alture del Golan. “Sapete che spesso menziono mio padre. La generazione dei miei genitori ha dovuto fondare lo Stato (di Israele). La nostra generazione, la mia generazione, deve garantirne la continua esistenza. E questa la considero una grande missione”, ha affermato Netanyahu nel corso dell’intervista. Anche l’Egitto e la Giordania hanno condannato con fermezza l’annuncio del ministro delle Finanze di Israele. Il ministero degli Esteri egiziano ha riferito in una nota che il progetto rappresenta “un nuovo passo che riflette la determinazione del governo israeliano nell’espandere l’occupazione dei territori palestinesi e nell’alterare lo status demografico”. “Si tratta di una flagrante violazione del diritto internazionale, delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu e delle convenzioni internazionali”. Secondo il dicastero egiziano, non ci sarà sicurezza o stabilità nella regione “fino a quando Israele non risponderà alle legittime aspirazioni del popolo palestinese”. Per l’Egitto, le “riprovevoli” dichiarazioni rilasciate dai rappresentanti istituzionali israeliani non fanno altro che alimentare “odio, estremismo e violenza”. La stessa posizione è stata espressa dal portavoce del ministero degli Esteri della Giordania, Sufyan Qudah. In una nota, ha confermato il “rifiuto e la condanna assoluti del Regno di Giordania al nuovo piano di insediamento e alle misure illegali di Israele che costituiscono una palese violazione del diritto internazionale e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. Qudah ha quindi messo in guardia dalla “continua politica espansionistica del governo estremista che incoraggia la continuazione di cicli di violenza e conflitto nella regione”. L’Unione europea, in dichiarazioni rilasciate all’emittente panaraba saudita “Al Arabiya”, ha da parte sua riferito che “qualsiasi annessione israeliana di terre palestinesi è illegale”. Vale la pena ricordare che la Knesset, l’organo legislativo monocamerale dello Stato ebraico, alla fine di luglio ha approvato con 71 voti una mozione – non vincolante – a favore dell’annessione della Cisgiordania sotto la sovranità israeliana. La mozione, presentata dal deputato del partito di estrema destra Sionismo religioso, Simcha Rothman, dal deputato del Likud, Dan Illouz, e dal deputato di Yisrael, Beytenu Oded Forer, descrive la Cisgiordania come “parte inscindibile della patria storica del popolo ebraico” e chiede quindi l’applicazione della sovranità israeliana all’area. “Questa mossa renderebbe chiaro al mondo che Israele non accetterà soluzioni che comportino pericolose concessioni territoriali e che è impegnato a garantire il suo futuro come Stato ebraico sicuro”, si legge nel testo della mozione votata dal Parlamento. Il testo votato alla Knesset non ha alcuna implicazione sullo status giuridico della Cisgiordania, ma rappresenta una manifestazione della volontà politica del parlamento israeliano. A seguito dell’inizio della guerra nella Striscia di Gaza il 7 ottobre 2023, le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato un significativo aumento degli attacchi e assalti dei coloni in Cisgiordania, nonché l’espansione di insediamenti. Secondo Israele, “la Giudea e la Samaria” rappresentano un territorio “conteso” e non “occupato”.

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Redazione Giornalista iscritto all’elenco dei “Professionisti” dal 2003. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Liguria dal 1991 come pubblicista fino al 2003 quando ha superato l’esame a Roma per passare ai professionisti. Il suo primo pezzo, da album dei ricordi, l’aveva scritto sul ‘Corriere Mercantile’ (con l’edizione La Gazzetta del Lunedì) nel novembre del 1988. Fondato nel 1824, fu una delle più longeve testate italiane essendo rimasto in attività fino al luglio del 2015. Ha collaborato per 16 anni con l’agenzia Ansa, ma anche con Agi, Adnkronos, è stato corrispondente della Voce della Russia di Radio Mosca, quindi ha lavorato con La Repubblica, La Padania, Il Giornale, Il Secolo XIX, La Prealpina, La Stampa e per diverse emittenti radiofoniche come Radio Riviera 3, Radio Liguria International, Radio Babboleo, Lattemiele, Onda Ligure. E' direttore di Radiocom.tv