Kamala Harris parla alla Nazione dopo la sconfitta: 'Non arrendersi mai'
"Il risultato di queste elezioni non è quello che volevamo, non è quello per cui abbiamo combattuto, non è quello per cui abbiamo votato. Ma ascoltatemi quando dico: la luce della promessa dell'America brillerà sempre luminosa''. Esordisce così Kamala Harris nel suo discorso della sconfitta dalla Howard University di Washington, sua alma mater. "Il mio cuore oggi è pieno, è pieno di gratitudine per la fiducia che avere riposto in me, pieno di amore per il nostro Paese e pieno di determinazione".
"Ringrazio il Presidente Biden per il suo sostegno" continua la vice presidente, aggiungendo: "So che avete sentimenti contrastanti. Ma dobbiamo accettare il risultato". E sottolinea che questo fa la differenza tra "democrazia e tirannide". Harris, che ha avuto oggi un colloquio telefonico con Trump, garantisce una transizione pacifica del potere. "Accetto la sconfitta ma non la fine della lotta per la nostra libertà. La lotta per il nostro Paese è un lavoro duro, ma ne vale sempre la pena". La sua voce si incrina leggermente mentre ringrazia i suoi sostenitori. E piange quando ringrazia il marito, Doug Emhoff. Emozionato anche il vicepresidente candidato, Tim Walz. "Noi siamo fedeli non a un presidente o a un partito, ma alla Costituzione degli Stati Uniti" conclude Harris.
Intanto, il fattore Joe Biden, l'anziano commander-in-chief che si è ostinato a ricandidarsi salvo poi ritirarsi a quattro mesi dalle elezioni dopo un dibattito disastroso, quando ormai la gara era forse già irrecuperabile. Tracotante lui e poco incisivi i big del partito che non lo ha silurato un anno fa, a partire da Barack e Michelle Obama fino a Nancy Pelosi. Alla vicepresidente non è restato che assumersi questa responsabilità e condurre la campagna più breve della storia. Certo l'errore più grande e, forse fatale, di Harris è stato quello di non prendere subito e in modo forte le distanza dal suo boss, se non timidamente nelle ultime settimane di campagna.
Per gli esperti, avrebbe dovuto mostrare un taglio netto con la precedente amministrazione soprattutto sull'economia e la guerra a Gaza, due temi che le sono costati milioni e milioni di voti e Stati in bilico come la Pennsylvania e il Michigan. Sul Medio Oriente, Harris si è giocata sia il sostegno degli arabo-americani, che non le hanno perdonato l'appoggio quasi incondizionato a Israele, sia degli ebrei conservatori che hanno imputato al governo democratico un crescente antisemitsmo negli Stati Uniti dopo gli attacchi del 7 ottobre.
Quanto all'economia, un analista ha sintetizzato che "gli americani votano con il portafoglio", per spiegare che la sconfitta della democratica è stata principalmente causata da una congiuntura peggiore rispetto ai quattro anni di governo Trump e al costante aumento dei prezzi, complici naturalmente gli effetti della pandemia di Covid e due guerre, in Ucraina e a Gaza. Harris non solo ha ereditato da Biden un Paese in condizioni difficili ma ha anche pagato la crescente impopolarità del presidente, che le si è appiccicata addosso come una lettera scarlatta. Un altro fattore cruciale per la sconfitta della democratica è stata la battaglia dei sessi, gli uomini contro le donne. Harris, che con la scelta di Tim Walz sperava di attirare anche una parte di elettori più moderati, alla fine non è riuscita a convincere né i maschi bianchi, né i neri, né quelli latini. E questo è avvenuto soprattutto nelle grandi città come Filadelfia, Detroit e Milwaukee, dove nel 2020 Biden aveva conquistato il 90% del voto black. Ma anche le donne hanno tradito la candidata, almeno il 52% di quelle bianche.
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