Kazakistan, diventa un caso diplomatico la vicenda della 18enne pugliese detenuta ad Astana
Diventa un caso diplomatico la vicenda della 18enne pugliese detenuta in un carcere di Astana, in Kazakistan. Alcuni poliziotti sarebbero indagati per torture nell'inchiesta che la Procura speciale di Astana, in Kazakistan, ha aperto per fare luce sugli abusi che la 18enne pugliese Amina Milo ha denunciato di aver subito durante i giorni di detenzione da parte di alcuni agenti in un appartamento "segreto" dove sarebbe stata "maltrattata e picchiata", e dove avrebbe "subito tentativi di stupro".
I familiari lanciano un appello al governo italiano. “Mia figlia è detenuta senza prove da giorni e senza un avvocato che possa aiutarla a uscire da questa vicenda che sono stati lesi tutti i diritti internazionali”, ha detto il padre in in un'intervista alla Tgr Rai (video qui sopra). "Mia figlia è stata vittima di violenze da parte dei gendarmi", “per due volte le hanno negato i domiciliari e lei ha tentato di uccidersi. Lo stress le ha fatto perdere già nove chili. Ha a che fare con dei lupi” ha dichiarato la madre kazaka naturalizzata italiana, Assemgul Sepanova che riesce a farle visita in carcere. E anche il sindaco della cittadina di Lequile in provincia di Lecce, dove vive la ragazza, “il ministero degli esteri sblocchi una situazione che dura da tre mesi”.
Il legale della giovane salentina, Alibek Sekerov, afferma che in giornata "ci sarà un altro confronto in Procura con uno degli agenti indagati e con altri testimoni". Amina, accusata di traffico internazionale di droga, si professa innocente. Secondo quanto ricostruito dal suo legale, è stata fermata a Astana dalla polizia il 18 giugno insieme a un coetaneo del posto, mentre era in vacanza ospite dei parenti.
Il ragazzo avrebbe avuto con sé sostanze stupefacenti ma lei - precisa il legale - "non sapeva nulla della droga". E anche gli esami tossicologici non hanno evidenziato la presenza di nessuna sostanza nel sangue di Amina che quindi "è stata detenuta senza alcun motivo e senza prove". Dopo il fermo, Amina - secondo quanto riferito - è stata portata dalla polizia in un appartamento privato dal quale poi un agente avrebbe chiamato sua madre, Assemgul Sapenova, chiedendole 60mila euro per il rilascio di sua figlia. La madre a quel punto, su consiglio dell'avvocato Sekerov, si è rivolta all'ambasciata italiana che ha ottenuto il rilascio della 18enne. Pochi giorni dopo, però, l'11 luglio, Amina è stata nuovamente convocata dalla polizia che l'ha arrestata per traffico internazionale di droga, dopo averle fatto firmare dei documenti che la giovane non comprendeva perché, vivendo in Italia da quando aveva otto anni, non parla né russo né kazako. Ora rischia fino a 15 anni di carcere.
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