La Romania vuole rinviare la chiusura delle centrali a carbone fino al 2032
per garantire la propria sicurezza energetica. Lo ha dichiarato il ministro dell’Energia, Sebastian Burduja, sottolineando che la sostituzione delle centrali a carbone con impianti meno inquinanti, prevista nel Green Deal europeo, ha subito ritardi significativi. Burduja ha evidenziato che, senza alternative operative, la Romania rischia di aumentare la sua dipendenza dalle importazioni energetiche. Le centrali della valle del Jiu, tra cui quelle di Rovinari e Turceni, rappresentano una parte significativa della produzione energetica del Paese. Tuttavia, la chiusura prevista di migliaia di megawatt di capacità produttiva comporterebbe anche una significativa perdita di posti di lavoro. Il ministro ha proposto di prolungare l’uso delle centrali a carbone fino a quando non saranno attivate infrastrutture basate su gas e rinnovabili. Tuttavia, esperti come Mihnea Catuti avvertono che, oltre il 2026, i costi legati alla produzione a carbone rischiano di renderla non competitiva. Per attuare il rinvio, sarà necessario modificare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), emendare la legge sulla decarbonizzazione e rinegoziare il piano di ristrutturazione del Complesso Energetico di Oltenia. Le autorità romene sperano di raggiungere un accordo con l’Unione europea al più presto. La questione è stata discussa anche al forum di Davos, dove è emersa la necessità di bilanciare gli obiettivi ambientali con l’efficienza economica per mantenere la competitività dell’Europa in un mercato globale sempre più competitivo.
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