Per i morti alla Mecca a finire nei guai ora sono i tour operator
“Sono 33 anni vengo alla Mecca e non ho mai visto un caldo così. Ogni 20-30 metri c’era qualcuno per terra, immerso nel sudore, che lottava per poter respirare” – racconta uno dei pellegrini, che riferisce dei 52 gradi toccati dai termometri e di come non bastassero i nebulizzatori d’acqua, i ventilatori o le fontanelle. Quest’anno alla Mecca sono arrivati quasi due milioni di fedeli e per il caldo ne sono morti 1.100, per lo più gli egiziani, 658 ufficialmente, anche se il numero reale è probabilmente più alto. Una stranezza che finalmente oggi ha avuto una spiegazione chiara, quando si è saputo che le autorità del Cairo hanno denunciato 16 agenzie di viaggio, le quali per abbassare i prezzi, offrivano ai pellegrini il solo trasferimento in Arabia Saudita, senza assistenza o alloggio, ma soprattutto senza fornire il visto ufficiale, che garantisce l’assistenza sanitaria e l’accesso ai luoghi di ristoro. In pratica le agenzie scaricavano i pellegrini nel deserto fuori dalla Mecca con l’unica indicazione di cavarsela da soli. Ed ecco il motivo della strage di tanti egiziani, anche se si calcola che sono stati 400.000 quest’anno i fedeli arrivati senza visto, e che in pratica si sono imbucati a loro rischio e pericolo. Ogni pellegrinaggio in realtà lascia molti morti sul terreno, per lo più per via di resse micidiali , ma anche per il caldo sempre più asfissiante, visto che il dissesto climatico non risparmia i luoghi santi e le temperature medie estive negli ultimi 40 anni in Arabia Saudita sono cresciute di 2 gradi e mezzo, più che in qualsiasi altro posto dell’emisfero settentrionale.
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