Siria, al Sharaa lancia un messaggio ai lealisti di Assad: 'Deponete le armi prima che sia troppo tardi'

Il presidente siriano Ahmed al Sharaa ha lanciato un ultimatum ai combattenti ancora fedeli all’ex presidente Bashar al Assad, esortandoli a deporre le armi e arrendersi prima che sia troppo tardi. In un discorso alla nazione trasmesso in video, il capo dello Stato ha ribadito la determinazione del governo a perseguire tutti coloro che continuano a combattere contro il nuovo assetto del Paese, sottolineando che la Siria “non tornerà indietro di un solo passo”.
“Alcuni residui del regime caduto hanno scelto la strada della violenza, ma non avranno scampo. Chiunque si arrenda ora sarà trattato con giustizia, mentre chi insiste nel sovvertire la sicurezza del Paese affronterà le conseguenze”, ha dichiarato Al Sharaa. L’appello arriva dopo giorni di violenti scontri sulla costa siriana, in particolare nelle città di Latakia e Tartous, dove le forze governative hanno lanciato una vasta operazione per smantellare le ultime sacche di resistenza pro-Assad.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), almeno 162 persone sono morte negli scontri, tra cui diversi civili, mentre alcuni video diffusi sui social mostrano cadaveri in strada, esecuzioni sommarie di combattenti disarmati e pestaggi di civili appartamenti alla minoranza alawita dell’ex presidente Assad. Il governo ha promesso di punire ogni abuso, ma ha anche avvertito che non ci sarà clemenza per coloro che si ostinano a combattere. Nel suo discorso, Al Sharaa ha parlato direttamente ai gruppi armati ancora in azione: “Vi abbiamo dato la possibilità di reintegrarvi nella società, di tornare a essere parte della nuova Siria. Ma chi si ostina a seminare il caos e la distruzione troverà solo la sconfitta”. L’ex leader del gruppo armato islamista radicale Hay’at Tahrir al-Sham ha sottolineato che lo Stato è determinato a monopolizzare l’uso della forza, eliminando ogni milizia non controllata direttamente dalle istituzioni. “La Siria non sarà più un Paese dove le armi circolano liberamente, né dove gruppi armati impongono il loro volere con la violenza”, ha affermato.
Al Sharaa ha anche lanciato un avvertimento ai civili che potrebbero essere coinvolti nel conflitto, chiedendo loro di non prestare sostegno ai combattenti lealisti e di collaborare con le autorità. “Il nostro obiettivo non è la vendetta, ma la sicurezza. Chiunque deponga le armi e si arrenda avrà un trattamento giusto, ma chi continua a combattere sarà trattato come un nemico dello Stato”, ha detto. In chiusura, il presidente ha invitato tutte le forze governative a mantenere il controllo della situazione e ad evitare ritorsioni o violenze indiscriminate. Al Sharaa ha ribadito che la Siria ha voltato pagina e che nessuno potrà fermare il processo di consolidamento del nuovo governo. “La Siria è andata avanti e non tornerà mai più indietro. Deporre le armi è l’unica scelta sensata per chiunque voglia un futuro in questo Paese”, ha concluso.
Intanto, almeno 333 civili sono stati uccisi nelle ultime 48 ore in esecuzioni sommarie condotte dalle forze governative siriane nelle zone costiere e nelle montagne di Latakia. Lo riferisce l’ultimo bollettino fornito dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), centro di monitoraggio con sede a Londra, ma dotato di un’ampia rete informativa nel Paese. Alcune immagini e video diffusi su Telegram mostrano esecuzioni di uomini disarmati, vestiti con abiti civili, in quella che appare come una vendetta brutale contro gli ex sostenitori di Assad. . Secondo le testimonianze raccolte dal Sohr, la maggior parte delle vittime è stata uccisa in esecuzioni sul campo condotte da combattenti affiliati al ministero della Difesa e alla sicurezza interna. “Le operazioni di sicurezza nelle montagne di Latakia hanno provocato una delle peggiori stragi da quando il nuovo governo ha preso il controllo del Paese”, commenta il Sohr.
I resoconti della Ong parlano di attacchi mirati nei governatorati di Latakia, Tartous e Hama, con rastrellamenti e uccisioni eseguite a sangue freddo in diversi villaggi e città. A Baniyas, 60 persone, tra cui dieci donne e cinque bambini, sono state fucilate durante un violento attacco. Nel villaggio di Al Shir, sono stati documentati 24 morti in un’esecuzione di massa, mentre nel villaggio di Al Mukhtariyya, 38 persone sono state uccise con colpi di arma da fuoco a distanza ravvicinata. L’Osservatorio denuncia un’operazione di vendetta collettiva, paragonabile alle repressioni del precedente regime. Le uccisioni non si sono fermate al primo giorno dell’offensiva: solo nella mattina dell’8 marzo, il Sohr ha documentato almeno 171 nuove esecuzioni nei tre governatorati. Nella sola Jableh e nelle sue campagne, 109 civili sono stati uccisi in diverse località. Il massacro più grave si è verificato nel villaggio di Al-Sanobar, con almeno 50 morti. Anche nella provincia di Hama la violenza è stata feroce, con 31 civili, tra cui 9 bambini e 4 donne, uccisi nel villaggio di Al Tuwaim.
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