Siria: una nuova Costituzione è la priorità per il governo di transizione
A dieci giorni dalla caduta del regime di Bashar al Assad, le forze che guidano la transizione in Siria si stanno concentrando sulla priorità di redigere una nuova Costituzione per il Paese. Secondo il leader di Hayat Tahrir al Sham (Hts, formazione islamista che ha guidato l’insurrezione), Ahmed al Sharaa, noto anche con il nome di battaglia Abu Mohammed al Jolani, “è troppo presto per parlare della forma dello Stato in Siria, prima della stesura della Costituzione”. Durante un incontro con i rappresentanti dei media internazionali, Jolani ha rilasciato dichiarazioni su una serie di questioni relative al futuro della Siria dopo il rovesciamento del regime. “La persecuzione dei siriani è stata orribile. I detenuti sono stati uccisi, schiacciati, bruciati, annegati, avvelenati con gas chimici e sepolti sotto barili bomba”, ha affermato il leader di Hts. Il capo della Coalizione nazionale delle forze rivoluzionarie e di opposizione siriane, Hadi al Bahra, ha confermato che “la coalizione sarà sciolta non appena si terrà una conferenza nazionale globale per eleggere un’assemblea costituente che rappresenti tutti i siriani”. Al Bahra ha rilasciato questa dichiarazione all’emittente dell’opposizione siriana “Syria Tv”, sottolineando l’importanza di “riportare (nel Paese) i dissidenti del regime (dell’ormai deposto presidente Bashar al Assad) e di beneficiare della loro esperienza nella ricostruzione dello Stato”. “La rivoluzione sta affrontando grandi sfide”, ha osservato Al Bahra, aggiungendo che ci sono “parti che cercano di ostacolarne il successo”. Il nuovo ministro dell’Informazione della Siria, Mohammad Alomar, durante un’intervista rilasciata al quotidiano tedesco “Bild”, ha auspicato che i rifugiati siriani “con competenze ed esperienza che vivono adesso in Germania possano tornare nel loro Paese per ricostruirlo dopo, la distruzione causata dal regime criminale di Assad”. Il ministro ha inoltre rassicurato sul fatto che il nuovo governo siriano non discriminerà o perseguiterà le minoranze religiose presenti nel Paese. “Dalla liberazione delle nuove aree in Siria, abbiamo dato garanzie a tutte le confessioni. Il Comando delle operazioni militari ha inviato delegazioni in tutti i villaggi e le città dove vivono le minoranze che consideriamo come parte del tessuto sociale della Siria. Le tratteremo secondo gli insegnamenti morali della nostra santa religione”, ha dichiarato il ministro. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, da parte sua, ha chiesto che il processo politico in Siria sia “inclusivo” e “guidato dai siriani”. In una dichiarazione rilasciata ieri, i membri del Consiglio – tra cui la Russia, storico sostenitore di Assad, e gli Stati Uniti – “hanno anche sottolineato la necessità che la Siria e i suoi vicini si astengano da qualsiasi azione o interferenza che possa minare la sicurezza reciproca”. Gli Stati membri hanno inoltre “riaffermato il loro forte impegno per la sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità territoriale della Siria e hanno invitato tutti gli Stati a rispettare questi principi”, si legge nella nota. Il processo politico verso un nuovo governo siriano “deve soddisfare le legittime aspirazioni di tutti i siriani, proteggerli e consentire loro di determinare il proprio futuro in modo pacifico, indipendente e democratico”, ha riferito il Consiglio di sicurezza dell’Onu. Nel frattempo, però, la situazione sul campo continua a destare preoccupazione. I miliziani dell’Esercito nazionale siriano (Ens, legato alla Turchia) hanno violato l’accordo di cessate il fuoco lanciando un attacco a sorpresa contro le posizioni delle Forze democratiche siriane (Fds, coalizione a maggioranza curda sostenuta dagli Stati Uniti) e delle formazioni militari a loro affiliate intorno alla diga di Tishrin e al ponte di Qaraqozak nella campagna orientale di Aleppo, nel nord della Siria. Lo ha riferito l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), centro di monitoraggio con sede a Londra ma dotato di un’ampia rete informativa in Siria, secondo cui sono verificati scontri in cui le Fds hanno catturato cinque membri dell’Ens. Secondo fonti del Sohr, l’attacco è stato accompagnato da intensi bombardamenti aerei e terrestri nel tentativo di prendere il controllo del ponte di Qaraqozak e della diga di Tishrin, dove un drone turco è stato abbattuto e un veicolo radar turco è stato distrutto dalle Fds. Proprio questa mattina era entrato in vigore un accordo di cessate il fuoco tra le fazioni filo-turche e le forze curde con la mediazione degli Stati Uniti. In questo contesto, le Forze democratiche siriane si erano dette pronte a istituire una zona demilitarizzata a Kobane, nel nord della Siria, vicino al confine con la Turchia, come ha fatto sapere il comandante delle Fds, Mazloum Abdi, che ha scritto su X: “Annunciamo la nostra disponibilità a proporre l’istituzione di una zona demilitarizzata a Kobane, con il ridispiegamento delle forze di sicurezza sotto la supervisione e la presenza degli Stati Uniti”. La dichiarazione è arrivata dopo giorni di scontri tra le forze curde e i miliziani legati alla Turchia (in particolare l’Esercito nazionale siriano) nelle zone settentrionali della Siria. “Questa iniziativa – ha sottolineato Abdi – è volta ad affrontare le preoccupazioni per la sicurezza turca e ad assicurare una stabilità permanente nella regione”. Le zone controllate dalle forze curde non sono le sole a essere teatro di attacchi. Le Forze di difesa di Israele (Idf) hanno lanciato circa 498 raid aerei su varie province della Siria dall’8 dicembre, giorno della caduta del regime di Bashar al Assad per mano delle fazioni armate di opposizione guidate da Hts. Secondo il Sohr, gli attacchi aerei si sono concentrati sulle basi militari dell’ormai ex regime, tra cui magazzini, aerei, sistemi radar, centri di ricerca scientifica e depositi di armi e munizioni in diverse zone della Siria. L’obiettivo delle forze israeliane è quello di distruggere tutte le capacità militari siriane che potrebbero rappresentare una minaccia per la futura sicurezza dello Stato ebraico, nel caso in cui le armi dovessero finire nelle mani di “forze ostili”.
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