Filippo di Piramo, porto i cartoon a scuola

Dic 13, 2025 - 00:38
Dic 12, 2025 - 08:14
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Filippo di Piramo, porto i cartoon a scuola

Gianni Rodari forse si stupirebbe (lui che negli anni ‘50 fu scomunicato e le sue opere persino bruciate nelle parrocchie) che sia stato un parroco ad aver aiutato un ragazzo ventenne a concretizzare uno dei punti più rivoluzionari della sua “Grammatica della fantasia”. Il suo manuale del 1973, in cui il grande pedagogo e scrittore analizza i processi creativi legati alla fantasia, si conclude chiedendo che l’insegnante diventi un “animatore” per i suoi alunni, “dando il meglio di se stesso” e sviluppando in sé “gli abiti della creazione”. In cattedra nessuna gerarchia ma un’unica materia: “La realtà, affrontata da tutti i punti di vista, a cominciare dalla realtà prima, la comunità scolastica, lo stare insieme, il modo di stare e di lavorare insieme”. Un processo in cui gli alunni non sono più “consumatori” ma loro stessi “produttori di cultura e valori” e che conduca a “guardare il mondo con gli occhi ben aperti”. Ed in sostanza a sentirsi liberi, lasciando da parte etichette e barriere mentali e sviluppano fiducia in se stessi e quindi nelle proprie potenzialità, progetti ed invenzioni. E tutto intorno una città – per citare le rodariane Fiabe al telefono, in cui ci siano semafori che segnano anche il blu: ossia il “via libera per volare”.

Filippo Di Piramo, 27 anni – creatore del “Laboratorio Animare” che insegna a bambini in età scolare ad inventare storie a cartoni animati - a questo tipo di didattica ci è arrivato in modo naturale: lavorando sul campo ormai da 5 anni, in quello che è l’unico progetto in Italia strutturato del genere (di solito le lezioni di cartoon a scuola si limitano a workshop) che ora si svolge in 7 scuole, coadiuvato da una rete di giovani volontari. “Al Centro sperimentale di cinematografia di Torino, dove ho studiato, avevano fatto una lezione su come insegnare le tecniche di animazione ai bambini – ricorda -. Tornato a Roma ne ho parlato al parroco della chiesa San Pio X nel mio quartiere, alla Balduina, don Andrea Celli e lui che è molto sensibile al lavoro dei giovani ed ama anche il cinema (nella parrocchia è riuscito ad organizzare incontri con Giuseppe Tornatore, Mario Martone, Paolo Genovese, Matteo Garrone, Carlo Verdone, ndr) mi ha aiutato a portare un mio progetto didattico nelle scuole di zona. Tramite alcune insegnanti che portavano i loro figli al catechismo. Saltellavo dalla gioia quando ho iniziato il primo laboratorio scolastico. E questo perché ho sempre pensato che la mia creatività debba aiutare materialmente le persone a stare meglio”. D’altronde Di Piramo è diventato animatore 2D per “folgorazione” (“quando frequentavo il liceo scientifico trovai un tutorial su youtube e me innamorai, perché mi sembrò che riuscissi a dare un’anima alle cose. Il mondo scientifico, che non abbracciava le cose nel suo insieme, non mi appagava”). E vive la sua professione esplorando tutte le possibilità espressive dell’animazione quale mezzo per soddisfare la sua costante “ricerca di indagine ed interpretazione della realtà”. Una forte curiosità ed impegno che stanno portando al debutto – nel giugno 2026 - di un festival di animazione in cui saranno proiettati i lavori finali dei bambini ma anche di autori professionisti. Una “sfida” certo, ammette Di Piramo, perché si parla di un’arte ampiamente bistratta, che dai padri blasonati è passata a figli costretti a migrare all’estero, in un Paese che ha rinunciato ad investire sulla industria creativa (tanto da aver lasciato fallire, ad esempio, la casa di produzione di Enzo D’Alò). “A Roma abbiamo molti giovani professionisti - spiega Di Piramo - ma siamo tutti dispersi, non ci conosciamo tra di noi… Ci prova il collettivo Animaccio a coordinarci e portare alla luce questo che è un sottobosco vivissimo ma che lavora sempre con grandi difficoltà materiali, mancando adeguati investimenti. Nulla a che vedere con il National Film Board of Canada, ente statale che investe molto sulle opere di animazione… (in Italia la Rai è obbligata a destinare ogni anno almeno lo 0,7% dei suoi ricavi alla produzione di animazione italiana ma a fine anno era ancora stallo sui contratti e raramente l’azienda peraltro supera il 30% del budget di una serie animata, che ha costi altissimi, ndr). Ecco perché è tanto importante portare qui a Roma un festival dedicato all’animazione! Stiamo cercando di farlo al Parco Gabriele Sandri, in collaborazione proprio con Amimaccio e con il comitato Balduina’s. Ma il mio sogno resta il monte Ciocci, con il suo bellissimo panorama su Roma. Un luogo rinato grazie alla capacità dei cittadini di creare facendo comunità. Cosa che a molti miei coetanei manca, siamo dispersi, non coesi, facilmente rinunciatari. Una volta un mio amico mi ha detto: ‘Senza qualcuno con i capelli bianchi non fai niente…’. E’ vero ma almeno facciamoci avanti… L’idea del festival è appunto di offrire una ribalta per gli autori ma anche per gli stessi bambini che sono il pubblico di domani. Se investiamo sulla cultura, sul cinema, sulle arti, avremo un pubblico più esigente e consapevole in grado, quindi, di guidare anche gli investimenti. Un luogo poi in cui mostrare concretamente – grazie ai lavori dei nostri laboratori scolastici - che l’arte dell’animazione aiuta a crescere meglio, specie in una società sempre più basata sul mezzo audiovisivo. Permette innanzitutto ai bambini di capire i meccanismi dietro i video che guardano, non solo fruitori passivi abbandonati davanti ad un tablet. Per fare 1 secondo di animazione ci vogliono 8 foto e, a fine laboratorio, dobbiamo arrivare ad un video di 2 minuti. Ed in mezzo ci stanno la sceneggiatura, lo storyboard, la creazione dei personaggi, pupazzetti di carta da fare muovere con il cut out e poi anche di plastilina per animarli in stop motion, gli effetti speciali, il montaggio video, l’inserimento della musica, il doppiaggio. C’è una grande mole di lavoro dietro e questo rende i bambini coscienti di quanto la pazienza, la costanza e l’impegno siano necessari per ottenere dei risultati. Vale per l’animazione come per qualsiasi altra cosa. Inoltre riescono a concentrarsi perché il loro interesse è molto stimolato. Certo, con loro si deve andare a mille… Se in momenti di confusione mi mettessi ad urlare ‘ascoltatemi!’ li perderei sicuramente. Basta che sul proiettore faccio passare immagini di personaggi loro beniamini e si fermano subito. E se c’è qualcuno che vorrebbe disegnare solo il suo cartone preferito gli dico di chiudere gli occhi per un minuto e poi di disegnare quello che hanno visto con l’immaginazione… Trovo che il cambiamento che vogliamo nella società nasca da qui. E mi piace molto pensare di stare concorrendo a crescere delle nuove generazioni in grado di dare forma alla propria fantasia”.

D’altronde, come diceva proprio Rodari, le fiabe, grazie alla loro potenza archetipica, aiutano l’essere umano a diventare “completo”. “La creatività dei bambini è un continuo stimolo anche per il mio lavoro, mi stupiscono sempre. Loro non ragionano con la sovrastruttura razionale dell’adulto. Non hanno quella che si dice una visione escatologica, la concezione di un destino finale, che poi si riduce tutto ad un utilitarismo in cui impera solo il senso del progresso. Non ragionano per inizio, svolgimento e fine, non si muovono secondo il cosiddetto ritmo ‘triadico’ che ci domina tutti. Loro ti portano all’origine delle cose e quindi con loro tutto diventa originale!”. Ma l’’originalità a Di Piramo certo non manca. Per dare risposte alla sua “voglia do Studiare filosofia, psicoanalisi, letteratura, da Jung a Levinas, da Baumann a Camus e vive la creatività in senso “politico” come reazione a consumismo, globalizzazione e crisi dei valori, delle istituzioni e della famiglia. D’altronde è già sposato e la moglie, ingegnere ambientale, ha soli 24 anni: “l’ho convinta” ammette sorridendo. Una curiosità di sapere “universale” è insita in lui da sempre. La sua stessa tesina all’esame di maturità è stato un cartone animato dedicato al principio del desiderio come forza incessante che spinge l’uomo in una costante ricerca unendo Schopenhauer, Dante ed il biologo Richard Dawkins. E, come se in questo ragazzo ci fosse un artista di tempi remoti, Di Piramo si spinge anche a sperimentare invenzioni: “Con una stampante 3d – che ho comprato per creare un gioco, mezzo monopoli mezzo risiko, con tutti i luoghi del cuore di mia moglie – sto ora progettando un dispositivo che mi permetta di riprendere le animazioni con telecamera e luci integrate, che sia leggero e compatto, invece dei quattro stand zavorrati che mi devo portare in uno zaino pesantissimo che mi spacca la schiena! E pure una guida che permetta alle parti del corpo dei personaggi di fare movimenti estensivi anziché solo circolari con il classico fermacampione, in modo da poter far allungare e accorciare braccia, gambe o qualsiasi altra cosa voglia la fantasia dei piccoli registi". Nel 2019 una sua animazione (insieme a Dennis Pizzolato) per il videoclip del brano “Frank” dei Turing, band post rock di cui è frontman il fratello Luca Di Piramo - un viaggio da incubo in una mente alienata - è arrivata in finale nella sezione videoarte della Biennale MArteLive. Su instagram, con il nome di Pippomadinome, lo troviamo poi mentre produce Respeera, un provocatorio barattolo pieno di “aria pulita” messo in vendita su ebay a 1.153 euro prima che la piattaforma bloccasse l’inserzione. “Abbiamo bisogno di riconnetterci con la natura per superare la disumanizzazione dei nostri tempi, questo vuoto di comunicazione. Basta poco. Basta andare a Villa Pamphili, ad esempio. Qui ci si dimentica di essere in città e il cervello respira, non a caso questo bellissimo parco ha la forma di due polmoni. Ci ho perso un cellulare una volta ma anche il cuore: ci facevo sempre i pic-nic con la mia ex ragazza, oggi moglie. E spero presto di portare i miei laboratori anche a Monteverde, ampliando la rete dei volontari”.  Ed il miglioro modo per salutare questa figura così eclettica la chiosa va affidata alle parole di Gianni Rodari: “Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del prodotto) ha bisogno di uomini a metà - fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà - vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione”. 

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Redazione Giornalista iscritto all’elenco dei “Professionisti” dal 2003. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Liguria dal 1991 come pubblicista fino al 2003 quando ha superato l’esame a Roma per passare ai professionisti. Il suo primo pezzo, da album dei ricordi, l’aveva scritto sul ‘Corriere Mercantile’ (con l’edizione La Gazzetta del Lunedì) nel novembre del 1988. Fondato nel 1824, fu una delle più longeve testate italiane essendo rimasto in attività fino al luglio del 2015. Ha collaborato per 16 anni con l’agenzia Ansa, ma anche con Agi, Adnkronos, è stato corrispondente della Voce della Russia di Radio Mosca, quindi ha lavorato con La Repubblica, La Padania, Il Giornale, Il Secolo XIX, La Prealpina, La Stampa e per diverse emittenti radiofoniche come Radio Riviera 3, Radio Liguria International, Radio Babboleo, Lattemiele, Onda Ligure. E' direttore di Radiocom.tv