Il New York Times: Xi Jinping punta al dominio oceanico con flotte scientifiche e rilievi sottomarini nel Pacifico
La Cina è entrata in una nuova fase di esplorazione marina, con l’obiettivo dichiarato dal presidente Xi Jinping di trasformare il Paese in una potenza marittima globale. Lo indica un reportage pubblicato dal quotidiano statunitense “New York Times”. La strategia di Pechino prevede lo sviluppo di una marina di livello mondiale, la costruzione della più grande flotta di pesca in acque profonde e lo sfruttamento delle risorse minerarie del fondale oceanico, accompagnati da un rafforzamento delle capacità di ricerca scientifica.
Le navi scientifiche cinesi stanno esplorando aree sempre più vaste e profonde, raccogliendo dati che potrebbero ampliare la conoscenza della vita marina e degli effetti dei cambiamenti climatici. Tuttavia, le informazioni raccolte possono avere anche un valore strategico militare, ad esempio per ottimizzare il dispiegamento dei sommergibili cinesi nel Pacifico o per monitorare quelli statunitensi. Secondo Bruce Jones, esperto del Brookings Institution, la Cina sta recuperando rapidamente terreno in termini di scala delle attività di ricerca marina, mirando a diventare leader nell’esplorazione del fondale profondo come spazio strategico.
Dati satellitari e analisi di esperti indicano che le navi cinesi hanno effettuato numerose rilevazioni con tracciati paralleli e a griglia, specialmente lungo la costa orientale di Taiwan e attorno all’isola di Guam, territorio statunitense che ospita importanti basi militari. Tra le navi, la Xiang Yang Hong 6 ha effettuato rilievi batimetrici, mentre altre unità, come la Tansuo 1, sono dotate di sommergibili pilotati e droni sottomarini in grado di operare a profondità di oltre sei miglia. La ricerca batimetrica è fondamentale per comprendere le caratteristiche del fondale e le correnti oceaniche, come la corrente di Kuroshio che interessa Taiwan. Questi dati possono migliorare la capacità della marina cinese di nascondere e muovere sommergibili, nonché di individuare le migliori posizioni per installare mine sottomarine o sistemi di rilevamento.
Le attività cinesi sono state rilevate anche nei pressi di Guam, dove si ipotizza che, oltre a possibili ricerche minerarie autorizzate dall’Autorità internazionale dei fondali marini, vi siano motivazioni di natura militare, come la mappatura del fondale per agevolare la navigazione e l’occultamento dei sommergibili cinesi e il rilevamento delle infrastrutture sottomarine statunitensi.
Le navi cinesi impegnate in queste operazioni sono prevalentemente civili, gestite da enti governativi, università e istituti di ricerca, un modus operandi che permette a Pechino una maggiore libertà di azione nelle acque contese o sensibili, evitando lo scrutinio diretto riservato alle navi militari. Le attività di ricerca hanno suscitato allarme nella regione Asia-Pacifico. Paesi come Filippine, Vietnam, Taiwan e Australia hanno protestato per la presenza di navi cinesi nelle loro zone economiche esclusive. La ministra degli Affari Oceanici di Taiwan, Kuan Bi-ling, ha definito difficilmente accettabile la situazione, che rischia di compromettere la sicurezza regionale.
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