Il Parlamento Ue denuncia la repressione transnazionale dei difensori dei diritti umani
Il Parlamento europeo ha lanciato un allarme contro l’aumento delle azioni repressive condotte da regimi autoritari nei confronti di oppositori politici, giornalisti e attivisti anche al di fuori dei propri confini. Con una risoluzione approvata a larga maggioranza, gli eurodeputati chiedono all’Ue di adottare misure più incisive per contrastare queste pratiche. Secondo il Parlamento, la maggior parte dei casi di repressione transnazionale è riconducibile a un gruppo ristretto di paesi, tra cui Cina, Russia, Turchia, Iran e Bielorussia. Negli ultimi dieci anni sono stati documentati centinaia di episodi di violenza e intimidazione in oltre cento paesi, che includono omicidi mirati, rapimenti, rimpatri forzati e abusi dell’Interpol. Gli eurodeputati definiscono la repressione transnazionale come l’insieme di attacchi fisici, legali e digitali attuati da Stati o loro agenti per zittire o controllare dissidenti e difensori dei diritti umani anche all’estero. Il Parlamento invita l’Ue e gli Stati membri a coordinare la risposta, soprattutto di fronte alle nuove minacce digitali legate all’intelligenza artificiale. Chiede inoltre di vietare l’esportazione di tecnologie di sorveglianza verso regimi repressivi, di includere la tutela dei diritti umani negli accordi con paesi terzi e di utilizzare sanzioni mirate, come quelle previste dalla cosiddetta Legge Magnitsky europea, contro i responsabili di tali violazioni.
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