Povertà: mons. Redaelli (Caritas italiana), 'passare dai dati alle persone, per dare speranza'
“C’è il rischio di abituarsi alla povertà. Incontriamo persone impoverite ogni giorno, possono essere i nostri vicini di casa. Ricordiamo che quasi sempre sono vittime, non colpevoli”: lo ha detto il presidente di Caritas italiana, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia, intervenuto questa mattina in videocollegamento in apertura della presentazione del Rapporto 2024 di Caritas su povertà ed esclusione sociale, ricordando le parole di Papa Francesco. “I poveri ci sono e dobbiamo prenderci cura di loro”, ha proseguito mons. Redaelli. “Sarebbe bello che questo report, costruito con quanto arriva dai 3.124 centri di ascolto Caritas, non fosse necessario. Lo scopo è passare dai dati alle persone, affrontare situazioni anche complesse, evidenziare le cause, dare voce ai poveri, fare un lavoro di ‘advocay’ per supportare e promuovere. Allo stesso tempo anche sottolineare quanto di positivo viene costruito”. Il richiamo forte è al concetto di speranza rilanciato dal Papa in occasione del Giubileo, che emerge anche dal titolo del report: “Fili d’erba nelle crepe”. “La speranza – ha detto mons. Redaelli – nell’aspetto proverbiale, è un qualcosa di illusorio. ‘Chi di speranza vive, disperato muore’ o ancora ‘la speranza è la ricchezza dei poveri’ si sente dire. La speranza vera invece è fondata sulla nostra fede e sulla certezza dell’amore di Dio. L’opera della Caritas e, più in generale, dei cristiani e delle donne e uomini di buona volontà è testimoniare che questo amore c’è, diventa carità. È importante questa ‘carità della porta accanto’ per mantenere viva la speranza, che sia dunque affidabile per i poveri”.
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