Puigdemont è king maker per il futuro della Spagna
Il leader catalano, Carles Puigdemont, assume a tutti gli effetti il ruolo di king maker per il futuro del governo spagnolo. Poco importa se è ancora in esilio in Belgio. In un'affollata conferenza stampa a Bruxelles (più dai sostenitori che dai giornalisti), l'ex governatore della regione indipendentista ha posto le sue condizioni per avviare un negoziato per la formazione del prossimo esecutivo: "Il rispetto della legittimità del movimento indipendentista catalano"; "l'amnistia con la rinuncia completa ed effettiva a ogni processo giudiziario nei confronti degli indipendentisti" e l'istituzione di "un meccanismo per verificare che queste condizioni vengano effettivamente rispettate", perché "non si fida della parola" di chi sta a Madrid.
"Stiamo parlando di due formazioni (Psoe e Pp, ndr) che fino a qualche mese fa cercavano di mettersi d'accordo tra loro per impedirci di correre per le elezioni a sindaco di Barcellona. Per sei anni la nostra formazione (Junts per Catalogna) è stata smantellata, siamo stati perseguitati, e ora si cerca il dialogo. Ma noi non vogliamo la vendetta, lo abbiamo dimostrato con le trattative per la presidenza del Congresso", ha spiegato Puigdemont.
Tuttavia non sarà semplice. "Non sorprenderò nessuno nel dire che al momento attuale non ci sono le condizioni per questo dialogo. Se vogliamo raggiungere un compromesso storico dobbiamo però crearle", ha evidenziato. "Nessuna di queste precondizioni è contraria alla Costituzione e quindi a qualsiasi trattato europeo, e non richiedono nemmeno un lungo processo legislativo, sono precondizioni che devono essere soddisfatte prima della scadenza del termine legale per evitare nuove elezioni", ha affermato Puigdemont.
"Molte cose ci separano, ma la strada del dialogo è aperta". Così i vertici del partito socialista hanno accolto le parole del leader catalano. La conferenza stampa, secondo quanto riportano i giornali spagnoli, sarebbe stata accolta favorevolmente sia dalla direzione del Psoe che dalla Moncloa, ovvero da Pedro Sanchez. Fonti di entrambi, citate dal Diario, ritengono che le parole di Puigdemont si iscrivano nel quadro della Costituzione e riconoscono che "senza dubbio nessuno inizia un negoziato rinunciando alle proprie pretese".
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