Usa, Barclays: I dazi pagati dagli importatori sono inferiori rispetto ad annunci e stime
I dazi imposti dagli Stati Uniti, “i più alti da quasi un secolo”, non hanno causato un’impennata dell’inflazione, un fenomeno che lascia perplessi gli economisti. L’inflazione, infatti, resta al di sopra del parametro di riferimento della Federal Reserve, del due per cento su base annua, ma il quadro generale nei primi sei mesi dell’anno non è stato così negativo come molti temevano. Lo riferisce il quotidiano economico-finanziario “The Wall Street Journal”, spiegando che a questo proposito si fanno diverse ipotesi: è possibile che le aziende finora abbiano evitato di trasferire i costi aggiuntivi sui clienti, ma c’è anche da considerare che i dazi pagati dagli importatori sono inferiori a quanto annunciato. È quanto emerge da un’analisi di Barclays sui dazi effettivamente pagati a maggio: l’aliquota tariffaria media ponderata è di circa il nove per cento, al di sotto del 12 per cento precedentemente stimato sulla base degli annunci della Casa Bianca. Secondo lo studio, più della metà delle importazioni statunitensi era esente da dazi, per via della “miriade di esenzioni” esistente, e molte aziende e consumatori statunitensi hanno acquistato meno da Paesi con dazi più elevati, in particolare dalla Cina. Gli economisti di JPMorgan sostengono che la stessa cosa sia avvenuta a giugno: i dazi effettivi sono stati inferiori alle medie ufficiali, perché gli importatori si sono rivolti a Paesi con tariffe più basse o a produttori nazionali. Il Budget Lab di Yale, invece, stima che i consumatori statunitensi attualmente si trovino ad affrontare dazi medi effettivi addirittura inferiori: 18,6 per cento contro il 21,9 per cento di fine maggio. Secondo Barclays, tuttavia, è probabile che nei prossimi mesi i dazi effettivi pagati dagli importatori aumentino, anche perché molte delle “scappatoie” attualmente previste potrebbero essere rimosse. L’aspettativa è che i dazi medi ponderati si attesteranno intorno al 15 per cento, in aumento rispetto all’attuale dieci per cento e al 2,5 per cento dell’anno scorso.
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