Usa, The Economist: Trump rimuove una delle massime esperte della Cia sulla Russia, allarme nei servizi segreti
Il presidente Donald Trump ha ordinato la revoca del nulla osta di sicurezza a una delle più alte funzionarie della Central intelligence agency (Cia) esperta di Russia, segnando un’escalation nella sua guerra contro la comunità dell’intelligence statunitense. È quanto riferisce il settimanale britannico “The Economist” che, tuttavia, non riporta il nome dell’analista dell’intelligence. La funzionaria, con oltre vent’anni di carriera, si era occupata nel 2016 il rapporto che documentava l’interferenza russa nelle elezioni presidenziali a favore di Trump. Secondo quanto riferisce “The Economist”, la misura è stata adottata il 19 agosto su decisione della direttrice dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard, e ha riguardato altri 36 attuali ed ex funzionari, accusati di aver “tradito il giuramento alla Costituzione”. Tra le figure rimosse dall’incarico anche Shelby Pierson e Vinh Nguyen, coinvolti nella stesura del rapporto 2016 che descriveva l’ingerenza della Russia nelle elezioni presidenziali. La decisione ha provocato forte preoccupazione nei ranghi dell’intelligence: perdere il nulla osta equivale a un “fine carriera”, ha commentato Larry Pfeiffer, ex dirigente della Cia. “Chi vorrà più esporsi con analisi scomode?”, ha commentato, invece, una fonte anonima. Nei mesi scorsi Trump aveva già esercitato pressioni sull’apparato dell’intelligence. Ad aprile un assistente di Gabbard aveva tentato di modificare un’analisi sulla gang Tren de Aragua per allinearla alla linea politica del presidente. A giugno Trump aveva criticato pubblicamente le valutazioni dell’Agenzia dell’intelligence della difesa (Dia) su presunti attacchi a impianti nucleari iraniani. Il licenziamento dei funzionari, secondo “The Economist”, appare parte di un’offensiva più ampia. Il mese scorso John Ratcliffe, attuale direttore della Cia, ha pubblicato una revisione interna sulle “tecniche di spionaggio adottate” nel rapporto del 2016 sull’ingerenza russa nelle elezioni presidenziali, criticandone la rapidità e l’eccessiva centralizzazione. Inoltre, Gabbard ha declassificato un rapporto del Congresso firmato da Kash Patel – oggi direttore del Federal bureau of investigation (Fbi) – che includeva dettagli su fonti umane in Russia. Il 20 agosto Gabbard ha anche annunciato un taglio del 50 per cento al personale dell’Ufficio del direttore dell’intelligence nazionale (Odni), l’organo di coordinamento fra le varie agenzie di sicurezza creato dopo l’11 settembre 2001. La motivazione ufficiale: ridurre la burocrazia ed eliminare le influenze dello “stato profondo”. Il dipartimento di Giustizia ha inoltre aperto inchieste contro ex alti funzionari come John Brennan (ex direttore della Cia) e James Comey (ex direttore dell’Fbi), entrambi coinvolti nel rapporto del 2016. Brennan è accusato di aver mentito al Congresso; Comey è indagato per un messaggio pubblicato sui suoi profili social giudicato una possibile “minaccia”. “È un territorio inesplorato, sia per il numero di persone coinvolte che per l’assenza di dettagli sulle loro presunte colpe”, ha detto Larry Pfeiffer. Il senatore democratico Mark Warner, membro della commissione intelligence, ha definito la situazione “peggiore del previsto”. Secondo Warner, anche altri colleghi repubblicani, pur temendo ritorsioni, gli avrebbero chiesto in privato di esporsi pubblicamente. In una lettera aperta pubblicata su “The Atlantic”, l’ex direttore della Cia Bill Burns ha espresso solidarietà ai funzionari epurati: “Se gli analisti della Cia vedessero uno dei nostri avversari impegnarsi in un suicidio strategico di questa portata, stapperebbero il bourbon”, ha scritto Burns, secondo il quale “invece, oggi, sentiamo solo il tintinnio dei bicchieri a Mosca e a Pechino”.
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