Vino, è morto Ampelio Bucci, il grande innovatore del Verdicchio
Si è spento a 89 anni Ampelio Bucci, il produttore che ha rivoluzionato il Verdicchio dei Castelli di Jesi fino a farlo diventare un vino di culto. Nato a Montecarotto (Ancona) il 3 luglio 1936, si è trasferito presto a Milano dove si è laureato alla Bocconi in Economia, ed è stato tra l’altro docente universitario e vicepresidente di Domus Academy. Rientrato nelle Marche, nel 1982 ha prodotto il suo primo Verdicchio, per poi fondare l’anno seguente Villa Bucci a Ostra Vetere (Ancona) mettendo insieme i diversi appezzamenti che la famiglia aveva in quel territorio.
Con il grande enologo, bolzanino e “bianchista”, Giorgio Grai (scomparso nel 2019) ha dato vita ad uno stile personale e unico, costruito anche su scelte controcorrente come quella di far maturare i vini in botti grandi di rovere di Slavonia, e dal preferire i blend di uve di vitigni diversi al “purismo” dei cru. Un innovatore che ha portato il vino marchigiano in tutto il mondo e negli anni si è distinto come un protagonista intelligente e colto dell’enologia italiana, che gli sono valsi riconoscimenti e un generale rispetto.
Tredici mesi fa Villa Bucci è stata acquisita dal Gruppo Oniwines della famiglia Veronesi. “Sono profondamente addolorato dalla perdita di Ampelio Bucci” ha dichiarato Federico Veronesi, ricordando che “è stato un uomo in grado di contribuire in maniera innovativa e importante alla crescita e affermazione del vino italiano di qualità nel panorama nazionale e internazionale, oltre che una persona di grande cultura e creatività. Insieme a Giorgio Grai ha creato il mito del Verdicchio, una leggenda capace di vivere nel tempo. Sarà per noi un impegno – ha concluso Veronesi – portare avanti la sua eredità e tenere alto il nome di questo grande vino”.
Nel 2020, Affinità Elettive Edizioni, pubblicò “L’infanzia infinita”, il libro autobiografico in cui Bucci ripercorre i ricordi dell’infanzia trascorsa tra Senigallia e Montecarotto, fino agli anni del Dopoguerra nel capoluogo lombardo. In poco più di 140 pagine l’imprenditore racconta con garbo e ironia un mondo sospeso tra realtà e memoria, senza tralasciare i riferimenti alle difficoltà della guerra, alla fuga da Milano e al ritorno nelle campagne marchigiane, con immagini vivide di comunità rurale.
“Quella di Ampelio Bucci è una storia contadina, lunga e complessa, mai banale. Una storia che parte dalle campagne marchigiane, viaggia in città, scopre il mondo, ma che ha sempre tenuto le radici ben salde nel territorio nel quale ha scritto le sue prime pagine”. Si legge nella motivazione del Premio “Leonildo Pieropan”, che la Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi) nel 2021 assegnò proprio al produttore marchigiano, che insieme a Leonildo ed altri pionieri fu tra i fondatori della Federazione.
“Il suo ruolo per la nascita e la crescita della Fivi è incalcolabile. La Federazione è diventata ciò che è anche grazie al suo esempio autorevole, alla sua competenza in ambito agricolo, alla sua sensibilità nei confronti della terra e di chi la coltiva” ha affermato la presidente Rita Babini, spiegando che “fu tra i primi in Italia a capire che i vignaioli avevano bisogno di una casa comune, nella quale condividere i problemi e tentare di risolverli, insieme. La sua capacità di dialogo e prima ancora di ascolto e comprensione delle ragioni di tutti, è stata una caratteristica fondamentale per la maturazione di tutti noi, spesso acerbi e poco pratici di percorsi collettivi. Diceva spesso che riusciva a rimanere attivo e aperto al mondo perché si sentiva ancora un bambino, curioso e vivace” ha aggiunto Babini, sottolineando che “la sua intelligenza e la sua ironia ci mancheranno moltissimo e non saranno facilmente replicabili. Domani, ancora di più, dovremo essere capaci di trasformare il suo ricordo in azione – ha concluso – per garantire un futuro ai vignaioli e al mondo contadino italiano: credo sia questa la sua più grande eredità, che cercheremo di onorare ogni giorno”.
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