Gianfranco Rosi, 'Napoli una macchina del tempo in bianco e nero'
Un viaggio tra spazio, tempo e memoria tra quello che è stata e quello che potrebbe essere Napoli come una sorta di enorme macchina del tempo, una città sospesa dove ogni cosa si trasforma presto in qualcosa d'altro". Così Gianfranco Rosi sintetizza il suo documentario 'Sotto le nuvole', secondo film italiano in corsa per il Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia e in sala dal 18 settembre con 01. E aggiunge il regista, Leone d'oro nel 2013 con 'Sacro GRA': "Ho preferito il bianco e nero come scelta narrativa e non estetica, un modo per uscire dai soliti stereotipi. Raccontare il silenzio, i molti silenzi del film è stata poi un'altra sfida". Il documentario, girato durante tre anni tra il Golfo e il Vesuvio, dove la terra talvolta trema e ci sono le fumarole dei Campi Flegrei, racconta un territorio attraversato da abitanti, turisti, archeologi che scavano il passato, musei pieni di statue, frammenti e rovine. Tra i molti teatrini delineati da Rosi, cavalli da trotto che si allenano sulla battigia, un maestro di strada per bambini e adolescenti, il centralino dei vigili del fuoco che vincono le piccole e grandi paure degli abitanti e una nave siriana nel porto di Torre Annunziata che scarica grano ucraino. Gran parte dei filmati sembra provenire da due sale cinematografiche dismesse: "Sì, è vero, questi cinema abbandonati li ho utilizzati come una sorta di archeologia cinematografica , archivio storico" dice Rosi. Comunque 'Sotto le nuvole' " l'ho girato durante tre anni nelle zone più nascoste di Napoli, dall'altra parte del Vesuvio, dove piove tantissimo e ci sono nuvole meravigliose che ci facevano dire quando c'era bel tempo: 'Oggi non giriamo' senza sentirci troppo in colpa". Sul fronte Napoli e precarietà, sottolinea poi il regista: "Certo che lì si sente, la paura è un sentimento universale. C'è la paura del terremoto e allora, come si vede nel film, si chiamano i vigili. E questo per qualsiasi cosa, per una scossa, per una violenza, per un vicino che fa rumore. La cosa bella è che in questo caso delle persone che chiamano si sentono solo le voci e qui c'è tutto il dramma e la forza narrativa perché possiamo solo immaginarle". Il cineasta parla anche di Gaza nel giorno della manifestazione propal: "Uno dovrebbe vivere a Gaza per capire davvero quello che sta succedendo. Sono totalmente d'accordo con ogni tipo di protesta, ma la mia paura è che è poi tutto finisca qui e che dopodomani prevalga il solito egoismo quotidiano". Un ricordo del Leone d'oro del 2013 per 'Sacro GRA'? "Fu un'emozione inaspettata, unica e irripetibile. I premi devi aspettare quando arrivano, ma te li devi anche dimenticare e andare avanti".
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