Il viaggio in barca a vela del capo delle Brigate Rosse Mario Moretti
Da 9 colonne
Il Giornale della Vela ricorda in un articolo il “tragicomico” viaggio in barca a vela, a fine agosto del 1979, del capo delle Brigate Rosse Mario Moretti a bordo di un Koala 39, il Papago, per caricare un carico di armi in Libano e sbarcarlo a Venezia. Lo skipper Massimo Gidoni, anconetano e psichiatra di vaglia, poi condannato per appartenenza alle Br e che acquistò il Papago proprio per questo viaggio, aveva dato appuntamento a Numana, all’ombra del Conero, a Moretti, Riccardo Dura, un marittimo e Sandro Galletta, veneziano “che si sarebbe reso utile giacché lo sbarco finale delle armi era previsto al riparo di occhi indiscreti nottetempo nella nera laguna veneziana”, “doveva esser imbarcata pure Barbara Balzerani, la brigatista deceduta non molto tempo fa, ma non essendo esperta dell’arte natatoria il quartetto decise di lasciarla in banchina. Singolare che il più acculturato dei quattro, Gidoni, lo psichiatra con diverse pubblicazioni accademiche sulle spalle, fosse in coppia col meno acculturato di loro, Dura, il quale, come ragazzo ‘difficile’, da riformatorio insomma (aveva passato parte dell’infanzia sulla motonave alla fonda a Genova, il Garaventa utilizzato a mo’ di riformatorio) aveva avuto: solo loro due erano in grado di timonare il Papago! Come ogni uscita impegnativa che si rispetti anche quelli del Papago fecero una prova raggiungendo le prospicenti Isole Incoronate in Croazia, ma se il buon giorno si vede dal mattino quello non fu certo un buon giorno: l’uscita fu un flop, l’esperienza totale dell’equipaggio era meno che sufficiente ma tant’è, i palestinesi attendevano la barca e le promesse loro non potevano essere ‘da marinaio’, si doveva fare quello che si era detto e proposto, il carico di armi. Il Papago fece tappa a Brindisi e poi a Cipro. Al fine raggiunsero l’isola libanese di Al-Ramkin ed in men che non si dica un quasi nugolo di piccoli battelli li circondò: erano i portatori di armi che si dettero da fare per caricarle al più presto sul Papago. Al ritorno come ogni trasferimento che si rispetti ecco la sberla di mare al largo di Creta e lì, in quel frangente, pare che Galletta abituato più a padroneggiare i topi a motore (classiche barche veneziane) d’acque interne piuttosto che yacht d’altomare finì a paiolo, un classico. Fatto sta che tra le tribolazioni e le gioie del trasferimento ecco che il Papago guadagna di nuovo le coste italiane e precisamente a Tricase sempre con fare sospetto cercando di star al riparo di occhi indiscreti. Tappa finale e conclusiva il Lido di Venezia e vien da pensare a Morte a Venezia di Thomas Mann, del resto le armi chiamano sangue e basta ed è lì che si scaricò il letale contenuto della sentina, del ventre del Papago”.
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