La Cina minaccia di giustiziare i promotori dell’indipendenza
Il governo di Taiwan ha invitato i cittadini a recarsi in Cina solo in casi di assoluta necessità, dopo che Pechino ha minacciato di giustiziare quelli che ritiene “irriducibili promotori dell’indipendenza”. Il portavoce del Consiglio per gli affari continentali di Taiwan, Liang Wen-chieh, ha affermato che l’avviso si applica anche alle regioni amministrative speciali di Hong Kong e Macao.Nel corso di una conferenza stampa tenuta a Taipei, Liang ha chiarito che l’avvertimento non è da intendersi come una rappresaglia contro il governo di Pechino, ma esclusivamente come un’iniziativa diretta a proteggere la popolazione. Le autorità della Cina hanno pubblicato il 21 giugno una serie di linee guida riguardanti l’imposizione di sanzioni penali a quanti vengano considerati dal governo “irriducibili indipendentisti”. Emesse congiuntamente dalla Corte suprema del popolo, dalla Procura suprema del popolo e dai ministeri della Pubblica sicurezza, della Sicurezza statale e della Giustizia, consentono il processo in contumacia, con la pena massima pari alla condanna a morte. Le linee guida descrivono nel dettaglio una serie di crimini, tra cui la promozione dell’ingresso di Taiwan nelle organizzazioni internazionali e la repressione di gruppi, persone e partiti promoventi la “riunificazione”. Un’ulteriore clausola, che che definisce perseguibili “altri atti diretti a separare Taiwan dalla Cina”, conferisce alle linee guide un’interpretazione molto più ampia. Pechino ha già adottato misure legali contro funzionari taiwanesi in passato, incluse sanzioni contro l’attuale vicepresidente taiwanese Hsiao Bi-khim, già ex ambasciatore de facto negli Stati Uniti. L’ultima iniziativa della Cina è stata fortemente contestata anche dal presidente taiwanese Lai Ching-te, che nel corso di una conferenza stampa a Taipei ha sottolineato che “Pechino non ha nessun diritto di sanzionare il popolo taiwanese a causa delle sue posizioni”. “Inoltre, non ha il diritto di perseguire i diritti dei taiwanesi oltre confine”, ha aggiunto. “Voglio anche invitare Pechino ad affrontare l’esistenza della Repubblica di Cina e ad avere scambi e dialoghi con il governo legittimo e democraticamente eletto a Taiwan”, ha detto ancora Lai, secondo cui “la democrazia non è un crimine, ed è l’autocrazia ad essere il vero male”. La Cina, che considera Taiwan come “parte inalienabile” del suo territorio, non ha mai nascosto la sua antipatia per Lai, considerato un “ostinato promotore dell’indipendenza”. Dopo l’insediamento del nuovo presidente taiwanese, avvenuto il 20 maggio scorso, le forze armate cinesi hanno organizzato due giorni di esercitazioni militari intorno all’isola (23-24 maggio), con il dichiarato scopo di “punire i separatisti” e lanciare un monito alle “forze esterne” accusate d’interferire nei rapporti tra le due sponde dello Stretto.
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