L’accusa della scienziata: 'Troppa cementicazione. Così la natura si scatena'
Ce la farà la piana di Valencia a tornare quella di prima? E quanto tempo ci vorrà? “Per far sì che quel territorio rinasca, come prima cosa è necessaria la volontà politica”. La dottoressa Cristina Di Salvo è una idrogeologa, ricercatrice presso l’Istituto di Geologia ambientale e Geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche e impegnata in prima fila nello studio del territorio e del suo impatto con le acque. Con lei affrontiamo il dopo della tragedia nella penisola iberica e non solo, anche la situazione italiana.
Come e perché è accaduta la tragedia di Valencia?
“Quando c’è un fenomeno come questo bisogna analizzare varie cose, per esempio quanta pioggia è caduta e in quanto tempo e se ci sono precedenti che potevano fare prevedere l’evento: a Valencia nell’ottobre 1957 una catastrofe naturale provocò centinaia di morti a causa della ‘gota fria’ e dell’esondazione del Turia. Quindi qualcosa bisognava fare per evitare, seppure a distanza di anni, il suo ripetersi”.
Che cosa non è stato fatto allora?
“Io sono stata a fare ricerche a Valencia proprio poco tempo fa e ho potuto verificare la condizione del Turia la cui canalizzazione è stata selvaggia. Purtroppo sempre più spesso assistiamo a interventi dell’uomo nelle piane alluvionali e nelle aree golenali che impediscono al corso dei fiumi di espandersi e invadere zone sicure creando disastri”.
Quindi cosa dobbiamo evitare?
“Se vogliamo continuare a finanziare ricostruzioni ci troveremo sempre di più alle prese con questi problemi. L’uomo edificando senza freno ha reso vulnerabili le aree costiere e ogni zona che poteva diventare alluvionale e salvare la popolazione. I fiumi escono dagli argini e sommergono abitazioni e opifici che non dovrebbero essere lì, è accaduto a Valencia e anche da noi”.
Una decisione da prendere che è molto coraggiosa…
“Ed è impopolare e non porta voti, ma è la più necessaria in questi momenti. Valencia ha pagato a meno di 60 anni colpe accumulate dopo quel disastro, soprattutto nella gestione del fiume Turia e del territorio in cui scorre. E da noi non va meglio”. A che cosa si riferisce?
“All’Emilia Romagna dove gravi eventi ravvicinati hanno messo a nudo tutti i problemi di un territorio che produce sì un importante Pil a livello nazionale, ma che è fragile e che deve pensare a una nuova sistemazione umana e delle attività produttive”.
“La natura è cambiata e l’ha cambiata l’uomo, questo noi scienziati lo diciamo da tempo: le emissioni di CO2 nell’atmosfera e il riscaldamento dei mari provocano fenomeni che una volta erano rari e ora più frequenti e fragorosi. La politica se ne renda definitivamente conto”.
Dove c’è acqua c’è pericolo? “Se non la mettiamo a regime sì. Che sia corso di un fiume o il suo delta o una zona costiera il cemento attorno non ci deve essere”.
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