Le imprese italiane pagano 21 miliardi l’anno di imposte ambientali

Nell’ultimo Consiglio dei ministri, il governo ha differito al primo gennaio 2026 – ma non ha eliminato – l’obbligo per le piccole e micro imprese di dotarsi di una polizza assicurativa contro i rischi catastrofali derivanti da eventi ambientali estremi. L’Ufficio studi della Cgia di Mestre segnala, però, come ogni anno le società private paghino già allo Stato e alle sue articolazioni periferiche ben 21 miliardi di euro di imposte ambientali, che dovrebbero servire proprio a mitigare i rischi di calamità naturali.
“Ancorché la destinazione d’uso delle imposte ambientali non sia vincolata, – spiega la Cgia – una parte di questi soldi potrebbe essere utilizzata per la pulizia dell’alveo dei fiumi, per la manutenzione degli argini e delle rive, per la realizzazione dei bacini di laminazione e/o le casse di espansione. Interventi che dovrebbero prevenire/mitigare molti eventi calamitosi che non siamo in grado di evitare. In realtà sappiamo che queste opere non si fanno più da almeno qualche decennio, oppure vengono realizzate solo dopo che il disastro si è verificato. In buona sostanza – al netto della confusione e delle incertezze introdotte dal regolamento attuativo pubblicato in Gazzetta Ufficiale verso la fine di febbraio – tra qualche mese le imprese si troveranno a pagare due volte la protezione ambientale: una con le imposte allo Stato centrale e agli enti locali; un’altra sottoscrivendo una polizza con le compagnie assicurative private”.
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