Martine Moise, vedova del presidente di Haiti Jovenel Moise, è coinvolta nel suo omicidio
Martine Moise, vedova del presidente di Haiti Jovenel Moise, assassinato nel luglio 2021, è una delle 51 persone incriminate ieri per l’uccisione dell’ex capo dello Stato. Lo riferisce il quotidiano “The Hill”, secondo cui tra i 51 condannati figurano anche l’ex primo ministro Claude Joseph e l’ex capo della Polizia nazionale di Haiti, Léon Charles, oltre ai 28 mercenari armati – perlopiù colombiani – che fecero irruzione nella residenza del presidente e lo uccisero. Nell’assalto alla residenza presidenziale era rimasta ferita anche la moglie del defunto presidente, che però era sopravvissuta. Le guardie del corpo, invece, erano rimaste incolumi, circostanza che aveva suscitato da subito sospetti in merito al loro coinvolgimento. Il rapporto di 122 pagine che elenca i capi d’imputazione è il frutto di anni di indagini e del lavoro di cinque magistrati. Le indagini si sono protratte anche a causa della rinuncia dei magistrati inizialmente assegnati al caso, che avevano denunciato minacce e intimidazioni. Dopo l’assassinio di Moise il Paese caraibico è scivolato nel caos a causa della violenza delle bande armate e delle violente proteste di quanti chiedono le dimissioni del successore di Moise, il presidente e primo ministro ad interim Ariel Henry. Funzionari governativi di Kenya e Haiti si sono incontrati questa settimana negli Stati Uniti per discutere di come garantire il dispiegamento nell’isola caraibica della missione a sostegno della polizia locale guidata da Nairobi, che l’Alta corte del Kenya ha di recente sospeso. Lo ha riferito il quotidiano keniota “The Star”, precisando che la delegazione africana era guidata dall’ex ispettore generale di polizia Joseph Boinnet, oggi vicepresidente per la Sicurezza nazionale. L’incontro si è svolto in un hotel di Washington, dove le parti hanno dibattuto la questione e condiviso il testo di un accordo ufficiale per garantire il dispiegamento dei circa 1.000 uomini kenioti nonostante il blocco del tribunale. Secondo fonti del quotidiano, i funzionari avrebbero concordato una scadenza entro la quale far arrivare le forze keniote e la squadra haitiana sarebbe ora attesa in Kenya nel prossimo fine settimana in vista della firma di un memorandum d’intesa. Il governo di Haiti ha sollecitato nell’ottobre 2022 la presenza di una missione internazionale, avallata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite l’anno successivo. L’iniziativa è stata assunta dal Kenya, che ha offerto l’invio di mille agenti di sicurezza, destinati a fornire assistenza e formazione alla polizia locale, alleviandola inoltre da alcune mansioni che le impediscono di pattugliare in forze le strade. Il governo di Nairobi si scontra però con gli ostacoli rispetto alla liceità dell’invio di militari all’estero, posti dalla Corte costituzionale. Se autorizzata, la missione potrebbe essere integrata da elementi messi a disposizione dai governi della Giamaica e delle Bahamas. Haiti versa da tempo in una situazione di grave instabilità legata agli scontri tra bande armate che si contendono il controllo del territorio. Una crisi aggravata a partire dall’omicidio del presidente Jovenel Moise. Le lotte tra le potenti bande armate del Paese si riflettono in pesanti disagi per la popolazione, a partire dalla preoccupante quota di sequestri per estorsione, anche a danno di cittadini stranieri. Abbondano inoltre le notizie di interruzioni delle strade, soprattutto quelle che collegano la capitale e principale porto commerciale – Porto Principe – col resto del Paese, causando pesanti ripercussioni sulla circolazione degli alimenti e delle benzine. A costante rischio anche l’erogazione di servizi di base, come educazione e l’assistenza sanitaria. Preoccupante in questo senso l’allarme legato alla costante crescita della malaria, con almeno 4.000 casi e oltre 1000 morti registrati dalla certificazione dei primi contagi, a ottobre 2022. Un’emergenza che non accenna a diminuire, in gran parte legata alla instabilità politica. Il Paese non ha mai eletto il nuovo presidente, è da tempo privo di un parlamento in funzione ed è in attesa di una riforma della Costituzione senza di fatto aver mai conosciuto la bozza cui si lavora da anni. Il 7 febbraio scadeva senza risultati il termine di 30 mesi che il governo ad interim aveva a disposizione per organizzare nuove elezioni politiche, primo passo per l’uscita dalla crisi. Un termine scaduto senza che Ariel Henry rimettesse l’incarico di primo ministro provvisorio, come aveva promesso. Henry, che alcuni avversari politici lo accusano di essere tra i mandanti dell’omicidio di Moise, è tornato a rilanciare la necessitò di un dialogo tra tutti i protagonisti della scena politica, sociale ed economica.
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