'Non lo abbiamo, ma è sempre vivo'. Un messaggio avrebbe forse salvato la vita a Giulio Regeni
“Non lo abbiamo, ma è sempre vivo“. Un messaggio che, se fosse stato reso pubblico, avrebbe forse salvato la vita a Giulio Regeni che il 29 gennaio 2016, data in cui è stato inviato il breve testo, era nelle mani dei suoi sequestratori e torturatori, poi assassini, da quattro giorni. La rassicurazione arrivava, come rivela un’inchiesta di Report che andrà in onda domenica sera, da un uomo vicino al governo egiziano e a riceverla era stata Zena Spinelli, donna che lavorava nel Paese con conoscenze nei servizi del Cairo e in quelli italiani. Quest’ultimi erano informati del messaggio ricevuto dalla donna. Perché, allora, i vertici dell’intelligence italiana, che secondo quanto rivelato da Ilfattoquotidiano.it fecero due visite di alto livello al Cairo, il 27 e il 30 gennaio, non riuscirono a liberare Regeni? Le fonti vicine al dossier sentite da Ilfattoquotidiano.it raccontarono che i servizi segreti italiani arrivati da Roma hanno incontrato il 27 gennaio e il 30 dello stesso mese i loro omologhi egiziani che già avevano informato l’ambasciatore Massari della scomparsa di Giulio il 25 gennaio. Al secondo incontro, specificano, era presente anche l’allora direttore dell’Aise, Alberto Manenti.
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