Ora si cerca di coniugare la dimensione penale e penitenziaria con la dimensione sociale
“Lo strumento del lavoro, con caratteristiche di dignità professionale ed economica, è sicuramente centrale nella ridefinizione identitaria dei detenuti e può facilitare importanti cambiamenti comportamentali. Da solo, però, non basta per un pieno reinserimento sociale, che è l’obiettivo finale da perseguire. È necessario intervenire seguendo una ‘logica di rete’, in grado di coniugare la dimensione penale e penitenziaria con la dimensione sociale e che tenda, anche grazie alle forze del privato sociale e, quindi, del Terzo settore, a dare uno sviluppo esterno alla volontà dei detenuti di percorrere l’iter della riabilitazione”. Così Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore, intervenuta oggi al convegno sul tema della formazione e del lavoro in carcere dal titolo “Recidiva zero”, promosso dal CNEL con il Ministero della Giustizia. “Queste indicazioni – prosegue – sono in sinergia con le prospettive elaborate dalla Cassa delle Ammende, con la quale il Terzo settore porta avanti una stretta collaborazione, e che intende non fermarsi ai percorsi, per quanto fondamentali, di professionalizzazione dei detenuti”. “Il Forum Terzo Settore stesso è impegnato in questo senso e ne è dimostrazione la firma del protocollo d’intesa con il Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità per l’applicazione della messa alla prova, strumento cruciale del nuovo sistema Giustizia. Così come la recente stesura del ‘progetto inclusione’ per favorire il reinserimento di persone in esecuzione penale esterna con scarse opportunità abitative e finanziarie” conclude Pallucchi.
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