Crisi e controllo statale, il futuro incerto di British Steel tra Regno Unito e Cina

Il governo britannico ha assunto temporaneamente il controllo operativo di British Steel, in risposta alla decisione del proprietario cinese Jingye Group di interrompere l’approvvigionamento di materie prime essenziali per gli altoforni di Scunthorpe. Questa mossa ha sollevato preoccupazioni sulla dipendenza del Regno Unito da investimenti cinesi nelle sue infrastrutture strategiche. Il 12 aprile, il Parlamento britannico ha approvato con procedura d’urgenza lo Steel Industry (Special Measures) Act 2025, conferendo al ministro per gli Affari e il Commercio il potere di dirigere le operazioni di produttori di acciaio per prevenire la cessazione dell’uso di asset critici. Questa legislazione è stata una risposta diretta alla decisione di Jingye Group di considerare la chiusura degli altoforni di Scunthorpe, che avrebbe lasciato il Regno Unito come unico paese del G7 senza capacità di produzione primaria di acciaio.
Il governo ha confermato il successivo 15 aprile la consegna delle materie prime necessarie a mantenere operativi gli altoforni di British Steel a Scunthorpe. Due navi sono arrivate al porto di Immingham, nel Lincolnshire, con pellet di minerale di ferro e carbone da coke, mentre una terza è in viaggio dall’Australia. Secondo funzionari governativi, questo materiale sarà sufficiente a mantenere operativi gli altoforni per diverse settimane. Interpellato sulla questione, il ministro del Commercio, Jonathan Reynolds, ha dichiarato: “Siamo intervenuti con decisione per garantire le materie prime necessarie a salvare British Steel”.
La chiusura degli altoforni avrebbe avuto gravi implicazioni per la sicurezza nazionale e l’economia del Regno Unito. British Steel fornisce il 95 per cento delle rotaie utilizzate nel paese e la sua chiusura avrebbe messo a rischio circa 2.700 posti di lavoro. Inoltre, la perdita della capacità di produrre acciaio da zero avrebbe compromesso settori critici come la difesa e le infrastrutture. La crisi di British Steel ha messo in luce l’estensione del coinvolgimento della Cina nelle infrastrutture critiche del Regno Unito.
Secondo il quotidiano “The Times”, l’intervento del governo per salvare British Steel, controllata dal gruppo cinese Jingye, solleva interrogativi più ampi sulla dipendenza da Pechino. Il quotidiano ricorda che “non tutte le aziende cinesi sostengono il regime del presidente Xi Jinping, ma tutte le imprese private del Paese hanno l’obbligo legale di seguire le direttive dello Stato quando richiesto”. Nel 2023, la “China List” pubblicata dal quotidiano britannica aveva rilevato che gli asset detenuti dallo Stato cinese nel Regno Unito ammontavano a 45 miliardi di sterline (52,6 miliardi di euro), mentre il valore complessivo detenuto da investitori cinesi e di Hong Kong raggiungeva i 152 miliardi di sterline (177,5 miliardi di euro).
La Cina ha espresso preoccupazione per l’intervento del governo britannico, esortando il Regno Unito a non politicizzare la questione e a trattare equamente le imprese cinesi che operano nel paese. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha dichiarato: “Il governo di Londra dovrebbe evitare di politicizzare la cooperazione commerciale o di collegarla a questioni di sicurezza, per non influenzare la fiducia delle imprese cinesi nel Regno Unito”. Nel frattempo, il governo britannico sta valutando opzioni a lungo termine per garantire la sostenibilità di British Steel, inclusa la possibilità di nazionalizzazione temporanea e la ricerca di nuovi investitori.
Qual è la tua reazione a questa notizia?






