Il consolidamento del progetto 'federale' di Mali, Niger e Burkina Faso mette in allerta la Cedeao

Lug 10, 2024 - 07:02
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Il consolidamento del progetto 'federale' di Mali, Niger e Burkina Faso mette in allerta la Cedeao

Si sta allargando oltre l’obiettivo di un’alleanza di difesa il progetto annunciato dalle giunte militari al potere in Mali, Niger e Burkina Faso di “federarsi” in un blocco comune alternativo alla Comunità economica dei Paesi dell’Africa sub-sahariana (Cedeao), organismo regionale di riferimento dal quale minacciano di uscire perché ritenuto troppo filo-occidentale. È con l’intenzione di collaborare anche sul fronte economico, sanitario, educativo e delle infrastrutture che i tre Paesi hanno infatti annunciato, sabato scorso, la creazione di una “Confederazione degli Stati del Sahel”, evoluzione della precedente Alleanza del Sahel (Aes) formata a settembre, che ambisce a garantire alle giunte saheliane una maggiore indipendenza e margine di manovra in dossier sensibili, dalla lotta al terrorismo alla gestione ed esportazione delle risorse minerarie locali. I leader delle tre giunte militari, riuniti sabato a Niamey, hanno così annunciato la creazione di una banca di investimento e di un fondo di stabilizzazione per il Sahel. A guidare la neonata Confederazione sarà il presidente di transizione maliano Assimi Goita, che è stato nominato presidente di turno dell’organizzazione per un mandato di un anno. “Vorrei ribadire la nostra ferma determinazione a fare dell’Aes un modello di cooperazione regionale di solidarietà allo sviluppo, nonché un modello di integrazione sub-regionale, in conformità con i principi della Carta Liptako-Gourma (il documento fondativo dell’Alleanza del Sahel)”, ha dichiarato il colonnello Goita nel suo discorso durante il vertice. Con l’uscita di Mali, Niger e Burkina Faso dall’organizzazione regionale, la Cedeao perderebbe il 12 per cento del suo Pil e un’influenza sul 16 per cento della sua popolazione, oltre che tre Paesi ricchi in risorse minerarie. L’annunciata creazione di una Confederazione del Sahel ha ovviamente allarmato la Cedeao, che il giorno seguente, domenica 7 luglio, ha tenuto un vertice straordinario ad Abuja. Durante il summit, il presidente della commissione Cedeao, Omar Touray, ha sottolineato i vantaggi dell’area comune, in primo luogo la libertà di movimento e un mercato unico di 400 milioni di persone, ricordando che l’organismo esiste da quasi 50 anni e finanzia numerosi progetti regionali. Se i tre Paesi saheliani si ritirassero, ha spiegato Touray, c’è il rischio che vengano sospesi finanziamenti di progetti nei loro territori di un valore superiore a 500 milioni di dollari. “Considerando questi benefici, è evidente che la disintegrazione (del blocco) non solo interromperà la libertà di movimento e di insediamento delle persone, ma peggiorerà anche l’insicurezza nella regione”, ha aggiunto. Un appello alla responsabilità collettiva è venuto dal presidente del Senegal, Bassirou Diomaye Faye, che in una lunga sessione a porte chiuse tenuta prima del vertice ha sostenuto che l’uscita di Mali, Niger e Burkina Faso dalla Cedeao ne provocherebbe la disintegrazione. Faye ha ribadito “l’ancoraggio del Senegal alla Cedeao”, ed il profondo impegno manifestato dal suo Paese nei confronti dell’organismo, di cui è membro fondatore. Il presidente senegalese ha poi sottolineato la necessità di rafforzare gli sforzi collettivi per promuovere progetti e iniziative comunitarie. “È imperativo portare avanti i nostri sforzi per riunire la nostra famiglia e dedicare tutte le nostre forze e risorse a progetti e iniziative comunitarie che ci possono unire”, ha detto, esortando al contempo gli Stati membri ad abbandonare alcuni luoghi comuni sull’organismo regionale, in particolare quello che lo vede al soldo di potenze straniere. “Dovremo senza dubbio liberare la Cedeao dai cliché e dagli stereotipi che la riducono all’atteggiamento di un’organizzazione soggetta alle influenze di poteri esterni e distante dalle popolazioni che ha la responsabilità storica di servire, ai sensi del suo Atto costitutivo”, ha detto, insistendo sulla necessità di avvicinare l’istituzione alle popolazioni. Con chiaro riferimento alle giunte golpiste, Faye ha infine chiesto ai leader regionali di evitare manipolazioni delle rispettive Costituzioni. Nel suo intervento, Faye ha tuttavia dato voce anche ad alcune lamentele espresse dai Paesi che vogliono abbandonare la Cedeao. Il capo dello Stato ha sottolineato le gravi conseguenze che le sanzioni imposte in questi anni a diversi Paesi della regione hanno avuto sul quotidiano delle persone, e ha suggerito alle autorità di riconsiderare questa politica. “Forse è giunto il momento di riflettere di più sulle sanzioni comunitarie estreme che, dato il loro grave impatto economico e sociale, purtroppo rafforzano l’idea di un’istituzione che punisce le sue popolazioni invece di essere al loro servizio e in loro aiuto”, ha detto Faye. “Dobbiamo fare di tutto per evitare il ritiro dei tre Paesi fratelli dalla Cedeao. Questo sarebbe lo scenario peggiore e un grave danno al panafricanismo che i padri fondatori ci hanno lasciato in eredità e che abbiamo la responsabilità storica di salvaguardare e trasmettere alle generazioni future”, ha proseguito Faye, chiedendo alla Cedeao di avviare le riforme necessarie ad un suo adeguamento alla realtà dei tempi. Negli ultimi tre anni la Cedeao ha imposto sanzioni alle giunte di Mali, Guinea, Burkina Faso e Niger, come forma di condanna dei colpi di Stato avvenuti nei rispettivi Paesi. Nel quadro delle tensioni scaturite in questo contesto, le giunte militari di Niamey, Bamako e Ouagadougou hanno annunciato a settembre scorso la creazione dell’Alleanza degli Stati del Sahel. Inizialmente l’Aes è nata come un patto di difesa tra Mali, Niger e Burkina Faso, che hanno deciso di unire le loro risorse militari per combattere gruppi ribelli o jihadisti. In quel frangente i leader militari che oggi guidano i governi di Bamako, Niamey e Ouagadougou – il colonnello Assimi Goita, il generale Omar Tchiani e il capitano Ibrahim Traoré – si sono impegnati in un documento articolato in 17 punti a combattere il terrorismo in tutte le sue forme, a collaborare per prevenire o sedare le ribellioni armate e a contrastare la criminalità organizzata nello spazio comune dell’alleanza. L’articolo 11 della Carta mantiene inoltre la porta aperta all’adesione di “qualsiasi altro Stato che condivida le stesse realtà geografiche, politiche e socio culturali” dei Paesi fondatori, in quella che è apparsa una sorta di embrionale “Nato” africana, avente l’obiettivo di unire le forze contro le varie forme di terrorismo attive nella regione. Con l’annuncio della Confederazione, sabato, gli stessi leader militari hanno ora espresso la volontà di cooperare anche in altri ambiti. Su questo argomento è intervenuto il capitano Ibrahim Traoré, leader del Burkina Faso: “Abbiamo ritenuto necessario estendere e ampliare l’architettura dell’Alleanza (Aes). Ciò che ci unisce oggi deve permetterci di muoverci verso altri settori oltre alla difesa, in particolare la finanza, l’economia, le infrastrutture, la sanità e l’istruzione”, ha precisato. Accordi sono stati firmati fra i tre Paesi anche in ambito monetario ed economico, sul filo di un dibattito interno che promuove l’abbandono del franco Cfa – legato alla valuta francese e di retaggio coloniale – ad una nuova moneta che renda i Paesi saheliani indipendenti anche da questo punto di vista. I tre Paesi intendono ora andare oltre e fondare una vera unione economica e politica che faccia da contraltare alla Cedeao che, agli occhi dei golpisti, è tuttora un’organizzazione controllata ancora dalla Francia e dai suoi alleati occidentali. In tal senso, nel novembre scorso, i ministri dell’Economia e delle Finanze dei tre Pasi avevano raccomandato la creazione di un fondo di stabilizzazione e di una banca di investimento comune – la cui creazione è stata formalizzata nel vertice di sabato 6 luglio – nell’ottica della formazione di un’alleanza anche economico che porti ad un graduale superamento del franco Cfa. Il progressivo allontanamento dei Paesi del Sahel dall’orbita occidentale ha conosciuto un passo decisivo lo scorso 28 gennaio, quando le giunte di Mali, Niger e Burkina Faso hanno annunciato l’intenzione “irrevocabile” di ritirarsi dalla Cedeao a partire dal 2025, scatenando forti preoccupazioni all’interno del blocco, di cui i tre Paesi rappresentano circa il 12 per cento del Pil ed il 16 per cento della popolazione. Nel tentativo di trattenerli, o di fare comunque un gesto conciliante nei loro confronti, a fine febbraio i vertici Cedeao hanno deciso di revocare parzialmente le sanzioni commerciali imposte a Mali, Niger e Guinea – un altro Paese guidato da una giunta militare – dopo i rispettivi colpi di Stato. La revoca delle sanzioni, però, non è stata estesa al Burkina Faso, i cui militari si sono mostrati fino ad ora meno propensi al dialogo rispetto alle giunte vicine, e il cui peso politico e territoriale è stato valutato meno incisivo rispetto a quello di Bamako e Niamey.

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Giò Barbera Giornalista iscritto all’elenco dei “Professionisti” dal 2003. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Liguria dal 1991 come pubblicista fino al 2003 quando ha superato l’esame a Roma per passare ai professionisti. Il suo primo pezzo, da album dei ricordi, l’aveva scritto sul ‘Corriere Mercantile’ (con l’edizione La Gazzetta del Lunedì) nel novembre del 1988. Fondato nel 1824, fu una delle più longeve testate italiane essendo rimasto in attività fino al luglio del 2015. Ha collaborato per 16 anni con l’agenzia Ansa, ma anche con Agi, Adnkronos, è stato corrispondente della Voce della Russia di Radio Mosca, quindi ha lavorato con La Repubblica, La Padania, Il Giornale, Il Secolo XIX, La Prealpina, La Stampa e per diverse emittenti radiofoniche come Radio Riviera 3, Radio Liguria International, Radio Babboleo, Lattemiele, Onda Ligure. E' direttore del portale areamediapress.com e di Radiocom.tv