La democrazia in Africa è un malato grave

Sep 6, 2023 - 09:28
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La democrazia in Africa è un malato grave

La democrazia in Africa è un malato grave. Non è una nota di pessimismo, ma una semplice constatazione. E non è solo una questione di organizzazione democratica. Per lo più imposta prima dai colonizzatori e poi dai nuovi modelli occidentali, ma anche adottata da presidenti ed elite spregiudicate che ne hanno fatto un modello attraverso il quale imporre e assecondare politiche predatorie, che nulla fanno per le proprie genti. Le opinioni pubbliche africane, anche per questo, sono attraversate da un malessere diffuso con forti sentimenti anti-francesi e anti-occidentali. Ma le popolazioni sono stanche di presidenti, gerontocrati, che governo a decenni senza sviluppare benessere nei paesi che governano. 

In Gabon la monarchia, durata più di mezzo secolo, è caduta dopo un colpo di stato e, immediatamente, la popolazione ha manifestato un senso di liberazione dalla tirannia, non senza qualche inquietudine per la democrazia. Ma sono molti altri i paesi dove le autocrazie durano da decenni e non solo nell'Africa francofona. Solo qualche esempio. L'Africa detiene il record dei presidenti più longevi e la popolazione più' giovane al mondo.

Le Costituzioni spesso non prevedono un tetto di mandato e quando lo prevedono i "dittatori" di turno le cambiano a proprio favore. L'ex presidente del Ciad, Idriss Deby, deceduto il 19 aprile 2021, ha governato il paese dal 1990, e alla sua morte gli è succeduto il figlio, che sta perpetuando la dinastia. Yoweri Museveni, al sesto mandato, governa l'Uganda dal 1986 e presidente degli Stati Uniti era Ronald Regan, Gorbaciov si cimentava con la perestroika. E già si pensa alla sua successione, il figlio. 

Denis Sassou Nguesso guida con pugno di ferro la Repubblica del Congo dal 1979, con una piccola pausa di quattro anni. Nel 1992, infatti, le elezioni furono vinte da Pascal Lissouba. In molti parlarono di una "mancanza di controllo dell'Eliseo sull'esito elettorale". Lissouba, appena eletto, mise subito in discussione l'influenza francese nel suo paese. E questo gli costò molto caro. È agli atti della storia che fu proprio l'Elf Aquitaine a finanziare una guerra civile che riportò al potere Denis Sassou Nguesso nel 1996. 

acques Chirac, allora presidente della Francia, chiese aiuto anche agli angolani per liberare la capitale economica Pointe Noire. Nguesso, poi, nel 2015 ha modificato la Costituzione così da poter svolgere un terzo mandato e, in cuor suo, molti altri, nonostante l'età: 79 anni. E manco a dirlo il dinosauro di Brazzaville ha stravinto le presidenziali del 2021, continuando a governare e tradendo ogni proposito democratico.

Questo è un paese molto simile al Gabon e i timori di un ribaltamento cruento del potere non sono poi così peregrini, anche se nella regione il presidente della Repubblica del Congo viene soprannominato: Imperatore, e non a torto. 

Paul Kagame, presidente dal 1994 quando entrò a Kigali da trionfatore e liberatore, ha modificato la Costituzione così da permettergli di governare il paese fino al 2034. Un paese che cresce velocemente, il suo Pil sfiora la doppia cifra, la diversificazione economica è al primo posto nell'agenda del governo.

Con un progetto ambizioso per la lotta alla povertà, il Ruanda ha iniziato un programma di liberalizzazioni e privatizzazioni che hanno l'obiettivo di trasformare l'economia, che dipende al 90 per cento dall'agricoltura, in un sistema capace di saper cogliere nuove opportunità e portare occupazione.

Rimane, tuttavia, un paese dove, anche se abolite, le differenze etniche permangono: gli hutu rimangono la classe più povera, i tutsi quella più abbiente. I diritti umani non sono garantiti, le libertà di espressione, anche dei giornalisti, sono un miraggio. La critica al regime è proibita e Kagame continua a usare il pugno di ferro contro gli oppositori. L'odio etnico è solo sopito, cova sotto una coltre di cenere, pronto a riesplodere.

Alle ultime elezioni presidenziali, nel 2017, Kagame ha ottenuto una vittoria "bulgara" con il 98,79 per cento dei consensi. Le elezioni si sono svolte in un clima di paura, generato da due decenni di attacchi contro l'opposizione politica, gli organi d'informazione indipendenti e i difensori dei diritti umani. Non a caso Kagame è chiamato il Gendarme d'Africa. 

Tutti questi paesi sono ricchi di risorse naturali, chi più chi meno, ma tutti con buone riserve petrolifere, solo per citare l'oro nero, ma con un tasso di povertà che colpisce il 50 per cento della popolazione - in alcuni casi anche di più - che vive con meno di due dollari al giorno. Ma l'elenco è lungo.

Non si può non citare l'Eritrea - molti cittadini di questo paese prendono la rotta del Mediterraneo -, dove Isaias Afewerki è il primo e unico presidente del paese, governa dal 1993, una vera e propria dittatura. L'età non fa paura ai presidenti africani, si credono eterni.

Il presidente del Camerun, Paul Biya, 90 anni, governa il paese dal 1982, è al 41esimo anno di potere indiscusso. In Costa d'Avorio nella fondazione voluta dal padre della patria Felix Houphouet-Boigny, primo presidente dall'indipendenza coloniale nel 1960, sono esposte fotografie e atti del presidente, morto nel 1993, e una in particolare colpisce: quella con il presidente del Camerun Biya. Ecco Boigny non c'è più, Biya è presente più che mai.

Non possiamo dimenticare il Togo dove, a fasi alterne, l'opposizione e la società civile scende in piazza a Lomé, la capitale, ma anche in altre città del paese, per cacciare e interrompere lo strapotere del presidente Faure Gnassingbé, al governo del paese dal 2005. Faure, tuttavia, non è altro che il rampollo del padre deceduto proprio nel 2005, al potere dal 1967 grazie a un colpo di stato. Faure ha preso il posto del padre per successione, come se il Togo fosse un regno e non una repubblica.

La revisione costituzionale, inoltre, voluta dal governo permetterebbe a Gnassingbé - erede di una famiglia al potere in Togo da oltre 50 anni - di ripresentarsi alle presidenziali del 2025, collezionando venticinque anni di potere per sé, e 63 per la sua famiglia. Numeri da record.

Il nepotismo vince sempre accompagnato da elezioni truccate. E spesso, ma molto spesso, le elezioni in Africa sono vinte dal presidente che le indice. Ma il peggior esempio è rappresentato dalla Guinea Equatoriale. Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, è in carica dal 1979 dopo un colpo di stato nel quale rimosse suo zio Francisco Macias Nguema.

La famiglia Obiang rappresenta il peggior esempio di cleptocrazia con un presidente al potere da oltre quarant'anni e rieletto al suo quinto mandato settennale nelle elezioni del 2016. Quattro decenni, un tempo record per qualsiasi politico, nel corso dei quali il presidente ha gestito la Guinea Equatoriale con pugno di ferro e tanti scandali. Il suo potere potrebbe però non essere alla fine nonostante l'età, 81 anni, infatti sta preparando il figlio, Teodorin, suo attuale vicepresidente, a prendere il suo posto.

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Giò Barbera Giornalista iscritto all’elenco dei “Professionisti” dal 2003. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Liguria dal 1991 come pubblicista fino al 2003 quando ha superato l’esame a Roma per passare ai professionisti. Il suo primo pezzo, da album dei ricordi, l’aveva scritto sul ‘Corriere Mercantile’ (con l’edizione La Gazzetta del Lunedì) nel novembre del 1988. Fondato nel 1824, fu una delle più longeve testate italiane essendo rimasto in attività fino al luglio del 2015. Ha collaborato per 16 anni con l’agenzia Ansa, ma anche con Agi, Adnkronos, è stato corrispondente della Voce della Russia di Radio Mosca, quindi ha lavorato con La Repubblica, La Padania, Il Giornale, Il Secolo XIX, La Prealpina, La Stampa e per diverse emittenti radiofoniche come Radio Riviera 3, Radio Liguria International, Radio Babboleo, Lattemiele, Onda Ligure. E' direttore del portale areamediapress.com e di Radiocom.tv