Paura allo stadio, dopo la tragedia di Bruxelles

Ott 17, 2023 - 15:49
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Paura allo stadio, dopo la tragedia di Bruxelles

Paura, incredulità. Voci che corrono lungo spalti e tribune e un'attesa che, ai 35 mila tifosi di Belgio e Svezia, confinati all'interno dello Stadio Re Baldovino di Bruxelles, è parsa durare molto più delle due ore e mezza effettive. La notizia dell'attentato, e della morte di due tifosi svedesi, rimbalza di seggiolino in seggiolino mentre la palla corre sull'erba. Le due vittime, del resto, sono state individuate dall'autore dell'attacco, Abdesalem Lassoued, proprio perché indossavano la maglietta gialla della nazionale scandinava. È inevitabile sentirsi bersaglio, fuori e dentro lo stadio. Gli spettatori raccontano di aver vissuto un'esperienza, quasi surreale, fatta di inquietudine e domande. Il luogo delle uccisioni si trova a 5 chilometri dall'arena sportiva ma ogni cosa, persino le distanze, sono annullate da quei timori di incontrare l'uomo che 'posta' video sui social e rivendica l'appartenenza all'Isis. "Ero stressata, nervosa, mi chiedevo come saremmo tornati a casa perché eravamo venuti in metropolitana", ha spiegato all'AFP Manon Antoine, una ventunenne accompagnata alla partita dal fratello.   

Le immagini dello stadio rimbalzano sui social. I tifosi piangono, telefonano ai loro cari, si stringono in lunghi abbracci. Gli sguardi vagano verso il tabellone di gioco, il campo, gli spogliatoi. Tutti provano a informarsi leggendo le ultime notizie dai siti attraverso gli smartphone. E attendono di sapere cosa fare.

Evacuare lo stadio non è ancora possibile. In quelle due ore e mezza di immobile incredulità Abdesalem Lassoued è ancora vivo, armato e pericoloso. Morirà, infatti, soltanto la mattina dopo, a Schaerbeek, ferito dopo una sparatoria con la polizia. I tifosi svedesi saranno gli ultimi a lasciare lo stadio quando la partita di qualificazione a Euro 2024 sarà già uscita completamente dalla loro testa. Il punteggio rimarrà fermo sull'1-1 e non si sbloccherà più.

Altre domande, invece, sono quelle che devono porsi gli organizzatori del match, dall'UEFA fino alle autorità locali. Il presidente della Federcalcio belga, Manu Leroy, spiega all'emittente pubblica RTBF come la scoperta dell'attentato si avvenuta circa 10 minuti prima dell'inizio del match e in maniera confusa. In città, non lontano dallo stadio, era "successo qualcosa di grave". Le squadre scendono in campo, giocano, segnano un gol per parte con Lukaku e Gyokeres. "Inizialmente era stato deciso che la partita sarebbe iniziata perché lo stadio era il luogo più sicuro per i tifosi, soprattutto per quelli svedesi". Poi però le cose precipitano in fretta e la sfida viene annullata all'intervallo. 

"Sono profondamente triste. Abbiamo deciso al 100% di non giocare il secondo tempo a causa della situazione e per rispetto delle vittime e delle loro famiglie", ha dichiarato il commissario tecnico della nazionale svedese, Janne Andersson, all'agenzia di stampa TT. Una decisione che tutti i giocatori della rosa condividono.

I calciatori non rientrano, il freddo si fa più intenso. I tifosi vengono trattenuti dalla sicurezza mentre si susseguono gli annunci attraverso gli altoparlanti. Bisogna stare calmi, mantenere l'ordine. A un certo punto, forse per ribellione contro quelle terribili azioni terroristiche, forse in cerca di calore, la folla intera inizia a cantare, stringendosi intorno al popolo svedese. "Tutti uniti, tutti uniti", è il coro che risuona. Le mani battono, parte pure una classica 'ola'.

 "Siamo rimasti tutti calmi, abbiamo iniziato a cantare e c'era una buona atmosfera nonostante l'ansia e la paura", ha spiegato Karen, venuta con la famiglia dalla provincia olandese di Limburgo per assistere alla partita. 

Alla fine i tifosi escono scortati dalla polizia. Gli svedesi sono gli ultimi ad abbandonare lo stadio. Vengono condotti direttamente in aeroporto e negli altri luoghi adibiti al loro rientro a casa. La polizia ha agito in fretta isolando l'intero perimetro dello stadio e bloccando il traffico di veicoli nella zona. Gli 'ospiti' vengono portati al sicuro, in aeroporto e in altri centri per far sì che possano abbandonare la città. Le luci allo stadio si spengono. La paura, invece, resta accesa. Anche dopo la morte di Abdesalem Lassoued.

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Giò Barbera Giornalista iscritto all’elenco dei “Professionisti” dal 2003. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Liguria dal 1991 come pubblicista fino al 2003 quando ha superato l’esame a Roma per passare ai professionisti. Il suo primo pezzo, da album dei ricordi, l’aveva scritto sul ‘Corriere Mercantile’ (con l’edizione La Gazzetta del Lunedì) nel novembre del 1988. Fondato nel 1824, fu una delle più longeve testate italiane essendo rimasto in attività fino al luglio del 2015. Ha collaborato per 16 anni con l’agenzia Ansa, ma anche con Agi, Adnkronos, è stato corrispondente della Voce della Russia di Radio Mosca, quindi ha lavorato con La Repubblica, La Padania, Il Giornale, Il Secolo XIX, La Prealpina, La Stampa e per diverse emittenti radiofoniche come Radio Riviera 3, Radio Liguria International, Radio Babboleo, Lattemiele, Onda Ligure. E' direttore del portale areamediapress.com e di Radiocom.tv