Sembra finita la stagione del 'laissez faire' a scuola

Sep 28, 2023 - 20:29
Sep 29, 2023 - 08:19
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Sembra finita la stagione del 'laissez faire' a scuola

Sembra finita la stagione del 'laissez faire' a scuola. La maggior parte degli istituti sta cercando di arginare il liberismo sfrenato in due ambiti a cui i giovani tengono particolarmente: il look e lo smartphone. A segnalarlo è una ricerca condotta dal portale Skuola.net subito dopo la prima campanella del 2023, che ha coinvolto 1.000 ragazze e ragazzi di scuole medie e superiori.

Qualche esempio? Oltre 8 studenti su 10 devono osservare dei suggerimenti sull'abbigliamento; più di 9 su 10 hanno delle regole sull'uso degli smartphone; e c'è persino chi - circa 1 su 7 - deve sottostare a divieti e prescrizioni legati all'aspetto personale.

Il dress code, nello specifico, è sempre stato un tema assai delicato. Lasciare libertà totale rischia di spalancare le porte di scuola ad abiti e accessori, magari amati dai ragazzi ma spesso considerati poco opportuni dal corpo docente.

Gli istituti, su questo, hanno scelto fondamentalmente due strade. C'è chi ha seguito la via del rigore, mettendo nero su bianco una vera e propria guida sull'abbigliamento, con indumenti consentiti e altri vietati, come gonne, maglie e pantaloni troppo corti.

Tuttavia, questa è una strada minoritaria, visto che lo riporta solo 1 studente su 4. La maggior parte, invece, hanno voluto dare fiducia agli alunni, limitandosi a dare solo delle indicazioni "non scritte", basate sulla decenza: ne sono interessati circa 6 su 10. Alla fine, dunque, solo una minoranza - circa 1 su 6 - può presentarsi in classe vestendosi come meglio crede. Ma ci sono anche contesti in cui si è preferito sgomberare il campo da qualsiasi dubbio interpretativo, introducendo direttamente una divisa scolastica. 

Ciò avviene in maniera quasi esclusiva nelle scuole private o paritarie: tra chi frequenta questo tipo di istituti oltre 1 su 4 racconta di non avere scelta su cosa indossare per andare a scuola.

Una misura del genere troverebbe comunque qualche sostenitore anche i contesti statali: in generale, circa 3 studenti su 10 sarebbe favorevoli a recarsi a scuola con un abbigliamento standardizzato.

Più recente, invece, è l'inasprimento della guerra che le istituzioni scolastiche stanno muovendo all'uso o, per meglio dire, all'abuso degli smartphone in classe per scopi diversi da quelli didattici. Durante lo scorso anno scolastico, il Ministero dell'Istruzione e del Merito ha chiesto agli istituti di prestare la massima attenzione al fenomeno. 

Ma, pure qui, molte scuole si erano già attrezzate da tempo. E tante altre si sono mosse dopo l'ulteriore sollecito. Così, oggi, oltre 6 studenti su 10 hanno a che fare con regole esplicite. Si tratta soprattutto del divieto assoluto di usare i telefoni in classe, a meno che non sia espressamente richiesto dal docente di turno; oppure di lasciare i device spenti durante le lezioni, potendoli però utilizzare solo a ricreazione o nei cambi d'ora.

Meno diffusi i divieti più rigorosi, come quello che vorrebbe gli smartphone spenti dal momento dell'ingresso a scuola e fino all'uscita o addirittura la consegna dei dispositivi al personale scolastico. Ma, se aggiungiamo quel 31% che per ora deve confrontarsi solo con istruzioni "orali", senza possibili conseguenze negative in caso di un loro mancato rispetto, le regole sull'uso degli smartphone a scuola ormai toccano praticamente tutti gli alunni di medie e superiori.

Appena il 6%, infatti, si è detto sciolto da qualsiasi obbligo. Un conto, però, è dettare la linea, un'altra storia è farla rispettare: solo il 16% degli studenti afferma che, nella propria classe, nessuno usa gli smartphone durante le lezioni a scopo personale. In tutti gli altri casi il fenomeno si presenta con varie gradazioni: da una sparuta minoranza (35%) ad una più cospicua maggioranza (39%) passando per la totalità del gruppo classe (10%).

Ci sono, infine, scuole che non si accontentano di inquadrare i macro-temi, come l'abbigliamento e la tecnologia in classe, ma vogliono indurre i propri studenti a seguire un codice dettagliato, che incide anche su aspetti secondari e molto personali. Ciò riguarda il 15% dei ragazzi intervistati dal sondaggio.

Seguendo i loro racconti, ci si accorge che i fari vengono puntati soprattutto su: unghie finte o ricostruite, colorazioni e tagli dei capelli particolarmente stravaganti, piercing, cappelli e accessori troppo vistosi.

"Tra le soft skills che la scuola deve trasmettere, vi è sicuramente quella di riuscire a vivere in contesti sociali con determinati codici di comportamento - Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net - tuttavia non dobbiamo dimenticare la dimensione pedagogica di tale istituzione: non servono solo regole, ma anche un perchè vanno seguite, che non può prescindere dal dialogo e dalla mediazione con gli studenti. Altrimenti, fatta la regola, trovato l'inganno. E' esemplare il tanto dibattuto uso degli smartphone - aggiunge - sulla carta oltre 9 alunni su 10 hanno ricevuto indicazioni su come utilizzarli correttamente e coerente con le finalità didattiche, ma in pratica solo 1 su 6 dichiara che in classe nessuno li usa a fini personali". 

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Giò Barbera Giornalista iscritto all’elenco dei “Professionisti” dal 2003. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Liguria dal 1991 come pubblicista fino al 2003 quando ha superato l’esame a Roma per passare ai professionisti. Il suo primo pezzo, da album dei ricordi, l’aveva scritto sul ‘Corriere Mercantile’ (con l’edizione La Gazzetta del Lunedì) nel novembre del 1988. Fondato nel 1824, fu una delle più longeve testate italiane essendo rimasto in attività fino al luglio del 2015. Ha collaborato per 16 anni con l’agenzia Ansa, ma anche con Agi, Adnkronos, è stato corrispondente della Voce della Russia di Radio Mosca, quindi ha lavorato con La Repubblica, La Padania, Il Giornale, Il Secolo XIX, La Prealpina, La Stampa e per diverse emittenti radiofoniche come Radio Riviera 3, Radio Liguria International, Radio Babboleo, Lattemiele, Onda Ligure. E' direttore del portale areamediapress.com e di Radiocom.tv