Un rapporto denuncia la drammatica vendita di migranti dalla Tunisia alla Libia
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Il rapporto del Gruppo di ricerca internazionale Ricercatrici/Ricercatori X (Rrx), presentato per la prima volta al Parlamento europeo nei giorni scorsi, denuncia la “vendita di esseri umani alla frontiera da parte di apparati di polizia e militari tunisini e l’interconnessione dell’infrastruttura dei respingimenti con l’industria dei sequestri nelle prigioni libiche”. Il documento, intitolato State Trafficking, contiene 30 testimonianze di persone espulse dalla Tunisia verso la Libia tra giugno 2023 e novembre 2024. Tutte rivelano casi di “vendita di esseri umani ai confini tunisini-libici”. Il rapporto documenta una catena logistica articolata in 5 fasi, che mostra come le espulsioni siano parte di un sistema consolidato. I migranti vengono presi in mare, nei luoghi di lavoro o negli accampamenti attorno a Sfax senza alcuna procedura legale. Vengono caricati su autobus verso la frontiera libica, spesso di notte, con violenze lungo il tragitto. Nei campi di detenzione tunisini, i migranti subiscono torture e perquisizioni, vengono privati dei documenti e dei beni personali. Le autorità tunisine consegnano poi i migranti ai gruppi armati libici in cambio di denaro. In Libia, vengono imprigionati, torturati e rilasciati solo dietro pagamento di un riscatto. In molte interviste, vengono menzionati giorni fissi collegati all’arrivo di nuovi gruppi dalla Tunisia, evidenziando così il funzionamento di una macchina logistica coordinata in modo transfrontaliero. Il loro prezzo di vendita varierebbe tra i 40 e i 300 dinari [12 e 90 euro], a seconda di quanto si riuscirebbe a ricavare dal riscatto una volta passati nelle mani delle milizie libiche. Richiesto ai familiari, ammonta generalmente a 500 euro. “L’aggravarsi delle violazioni dei diritti umani di migranti e rifugiati in Tunisia va di pari passo con la svolta autoritaria impressa dal presidente Kais Saied, attraverso il controllo sulla magistratura, l’arresto dei dissidenti politici, la limitazione della libertà di espressione, di stampa e più in generale di organizzazione della società civile”, scrive il collettivo Rrx. L’inchiesta evidenzia che il sistema di espulsioni e tratta è alimentato da finanziamenti dell’Unione Europea. Il Memorandum d’intesa Ue-Tunisia del luglio 2023 ha intensificato la repressione dei migranti, aumentando le intercettazioni in mare e le deportazioni verso la Libia e l’Algeria. Saied, ricorda il rapporto, ha impresso una svolta autoritaria al suo governo a partire dal luglio del 2021. Il 21 febbraio del 2023 ha parlato di un “piano criminale ordito all’alba di questo secolo per modificare la composizione demografica della Tunisia”, al fine di trasformarla in un Paese “solo africano” e offuscare il suo carattere “arabo-musulmano” e ha chiesto l’adozione di “misure urgenti” per interrompere l’arrivo di persone migranti e perseguire i crimini da queste commessi. A seguito di tale discorso, si sono susseguite retate, arresti arbitrari, violenze, sfratti, licenziamenti. Nel corso dei mesi sono state messe a sistema prassi di espulsione arbitraria, trasferimenti forzati, arresti e concentramenti ai fini della deportazione. “Tali pratiche non hanno minimamente modificato l’impegno italiano ed europeo nella cooperazione con la Tunisia al fine di ridurre il numero di persone che raggiungono l’Italia a partire dalle sue coste. Al contrario, il sostegno materiale e diplomatico dell’Italia e dell’Ue, hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo di tali politiche. (…) A partire dal 2017, l’Italia ha speso quasi 75 milioni di euro nell’equipaggiamento e nella formazione delle guardie di frontiera tunisine, prima attraverso il cd. Fondo migrazioni, poi attraverso il Fondo di premialità per le politiche di rimpatrio. La presentazione del testo al Parlamento europeo a metà della scorsa settimana aveva lo scopo di riaprire due dibattiti relativi alla responsabilità dell’Unione europea e dei suoi Stati membri: il primo sul pericolo di morte o di schiavitù delle persone in movimento, il secondo riguardante lo status di “Paese sicuro” concesso alla Tunisia e il suo ruolo di partner nella gestione delle frontiere esterne dell’Ue. Il rapporto chiede una revisione delle politiche europee e un’indagine sulle responsabilità di Tunisia, Libia e UE nelle violazioni dei diritti umani. Il documento si propone come archivio di prove per futuri procedimenti giudiziari e azioni di giustizia e riparazione.
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