Cinema, Torelli: 'Basta con film massificati'

Giu 20, 2024 - 04:46
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Cinema, Torelli: 'Basta con film massificati'

“Divenni produttore per indignazione, perché Sergio Citti non riusciva a fare un progetto straordinario, I Magi randagi. Quando iniziai a fare il film capii subito che bisognava muoversi in Europa, trovai dei coproduttori e fu uno dei primi a prendere un Eurimages in Italia. All’epoca non esisteva ancora l'aiuto al cinema indipendente e Jack Lang non aveva ancora detto la famosa frase che ci ha salvato a tutti, ‘il cinema non è gli hamburger’ per cui l'eccezione culturale ci ha salvato dall'aggressione del cinema americano. Ma riuscimmo a terminare il film…”. E quindi, col senno del poi, l’indignazione di cui parla Francesco Torelli fu una fortuna. Se non ci fosse stata la passione da cinefilo ed il deciso temperamento del produttore romano - che torna in sala, da domani, con il film “Gli Immortali” di Anne Riita Ciccone -, Sergio Citti non avrebbe portato sullo schermo, nel 1996, il suo film ispirato ad una sceneggiatura scritta 30 anni prima da Pierpaolo Pasolini ed a cui lo stesso Citti, aiuto regista di Pasolini, aveva collaborato. Morto Totò, Pasolini la stava adattando per Eduardo De Filippo per impersonare un “re magio randagio” che parte col suo schiavo (Ninetto Davoli, sulla scia di “Uccellacci e uccellini”) alla ricerca di un messia, seguendo la cometa dell’ideologia, lungo un pellegrinaggio che conduce tra surreali allegorie. Pasolini venne ucciso e il progetto si fermò ma non nella mente di Citti che ad esso si ispirò per creare la storia di una strampalata peregrinazione di tre poetici saltimbanchi (Silvio Orlando, Rolf Zacher e Patrick Bauchau) che – a differenza dell’idea di Pasolini che fa terminare il film in un mondo che, preda della tecnocrazia, giunge al suicidio collettivo - si chiude nella speranza di un mondo libero e rinnovato. Nel cast figurano lo stesso Ninetto Davoli, il fratello del regista Franco Citti, Laura Betti, Mario Cipriani, tutti attori pasoliniani. Il film ha un passaggio proprio dove Pasolini venne ucciso, nel 1975, all’idroscalo di Ostia. Lì dove Sergio Citti, il mattino dopo l’omicidio del suo amico, fece un filmato che documentava chiazze di sangue nell’arco di 300 metri, provando quindi che avessero agito non uno ma più assassini, che fu un agguato. Fu lo stesso Francesco Torelli a consegnare quel filmato al legale della famiglia Pasolini. L’indignazione di cui parla oggi, nella videointervista Ciak Azione per l’agenzia di stampa 9colonne, affonda quindi le sue radici in un necessario atto di rivalsa, unito ad un grande amore per il cinema alto che ha proprio in Pasolini uno dei suoi fondamenti. “Accattone è uno dei miei film preferiti, insieme a Lo specchio e L’infanzia di Ivan di Andrej Tarkovskij, a Ludwig di Luchino Visconti e ad Ikiru di Kurosawa” elenca Torelli. Ma ovviamente i titoli sarebbero innumerevoli. Il produttore ha trascorso la sua giovinezza a L'officina Filmclub di via Benaco, fondato dalla sorella Cristina nel 1976 (insieme, tra gli altri, al compagno Ciro Giorgini, creatore poi del contenitore più sperimentale di cinema mai visto in tv a livello europeo, se non mondiale, Fuori Orario). Era il tassello dell’arcipelago delle sale off nate per necessità, passione e ribellione in tempi in cui la Rai trasmetteva un solo film a settimana, il lunedì sera. All’epoca, ricorda Torelli, a Roma c’era solo il Filmstudio di Trastevere, insieme ad altre sale appena nate o di lì da venire: il Grauco, il Tevere, Il Politecnico Il Montaggio delle attrazioni, il Montesacro Alto (cit. morettiana), L'Occhio, l'Orecchio, la Bocca, Il Sadoul, il Planetario ed ultimo a nascere - ed unico a resistere fino a pochi anni fa - l’Azzurro Scipioni. Luoghi che plasmavano amanti del cinema e finanche autori “allattandoli” con le visioni dei maestri. “Perché solo nella sala cinematografica è come se si rientrasse nell'utero materno, ci si arricchisce non ci si svuota…”. Luoghi che facevano germinare esperienze creative le più varie, tra incontri, progetti e festival, grazie anche e soprattutto a Renato Nicolini, creatore nell’Estate Romana. Il 25 agosto, nella basilica di Massenzio a Roma, venne proiettato gratuitamente “Senso” di Luchino Visconti, la sera dopo i tre film de “Il pianeta delle scimmie”. La cultura che irruppe in piazza trascinò i romani fuori casa, reagendo al terrore degli anni di piombo. “Abitavo vicino a L’Officina e non avevo a casa la televisione – ricorda Torelli -. Chiamavo e dicevo: ‘aspettate 10 minuti a far partire che sto arrivando’ e come entravo, con la gente che aspettava, facevano partire il film…. Qui ho visto tutto Truffaut, Bergman, Pasolini, Visconti e ho incontrato grandi persone che introducevano i film… Mi ricordo Bertolucci che presentava Pasolini. E ovviamente Adriano Aprà che ci ha lasciato di recente, una specie di zio per tutti noi… L’Officina è stata fondamentale per il mio percorso. Qui avrebbe dovuto esordire Moretti ma poi - il carattere di Nanni lo conosciamo tutti - andò al Filmstudio anche se è rimasto un caro amico dell'Officina. L’inizio di ‘Sogni d'oro’ si apre sul mio piede destro…. ero andato sul set, nel 1981, a vedere Nanni che girava… Era un mito per noi ragazzi. Usava la macchina fissa facendo 40 ciak di una cosa e poi il controcampo con altri 40 ciak. Mi colpì…”. (redm – segue)

 

Una conversazione con Torelli è una miniera di aneddoti e di giustificate nostalgie. “I grandi, quelli veri, sono tutti umili”. Eccolo quindi raccontare della statuetta dell’Oscar (ne vinse ben due, per i costumi di “Romeo e Giulietta” di Zeffirelli e “Il Casanova” di Fellini) che Danilo Donati usava in casa come fermo della porta per impedire che sbattesse. O ancora di Jean-Luc Godard che conosce quando Domiziana Giordano gira col nel 1990 Nouvelle Vague insieme ad Alain Delon. “Domiziana, mia fidanzata all’epoca, era una bellezza rinascimentale, capelli rossi, occhi azzurri. Aveva interpretato Nostalgia e Godard la voleva come omaggio a Tarkovskij ma al primo provino, a Parigi, era in forte sovrappeso. E allora dissi al maestro che entro 3 mesi Domiziana sarebbe torna in forma perfetta. Il maestro accettò la sfida e per 3 mesi a Roma girammo praticamente ammanettati perché Domiziana aveva una bulimia fortissima, andavamo insieme in palestra.  E così ha perso più di 20 kg e tornata a Parigi era perfetta. Godard pretese che fossi presente ogni fine settimana ma poi – come noto era un po’ particolare - quando arrivo mi dicono che Godard non gradiva la mia presenza! Al che arriva Delon con un macchinone, gli spiego cosa è accaduto e mi dice: ‘Francesco vieni con me…’, mi fa entrare e mi impone sul set. Dove vedo Gordard, col sigaro, che fa tutto da solo… Aveva messo da parte Lubtchansky, direttore della fotografia di Caccia alle farfalle di Iosseliani e si occupava lui delle luci. E spingeva da solo il carrello della macchina per vedere i movimenti… nessuno lo aiutava perché aveva litigato con tutti! Era davvero un personaggio... Poi con Alain Delon, bellissimo all’epoca, ho capito cosa provano gli attori di fama. Ci abbiamo messo un’ora a percorrere la croisette alla presentazione di Nouvelle Vague al festival di Cannes tra due ali di folla di donne urlanti, scene tipo Beatles, la polizia in assetto da sommossa che le tiene ferme a fatica e Delon che passa da un autografo ad una carezza, con le urla che si fanno più forti se salta dei passaggi. Alla fine del film usciamo e Delon mi dice di stargli vicino. Non c’era più la polizia a proteggerci e per liberarci dalle fan scatenate che lo aspettavano abbiamo dovuto davvero fare a cazzotti e spintoni, tipo una vera battaglia medievale…”. Altra chicca l’incontro con Carlo Maria Giulini: Torelli poco più che ventenne intervista il maestro per un film su Visconti dell’Officina. Giulini gli mostra una copia autografata dai Wiener Philarmoniker della Nona sinfonia di Beethoven e Torelli, da sempre cultore di musica classica, pone delle domande al grande direttore su come esprimere lo scherzo sentendone il ritmo interiore, sul suo valore dionisiaco contrapposto all’apollineo dell’adagio: “Arrivammo pure a solfeggiare insieme dei passaggi… Poi rimasi di sale quando, ascoltandolo dirigere con i Berliner Philarmoniker, nella sua esecuzione sentii degli echi delle nostre riflessioni! Un altro grande - e pure berthoveniano - era Charles M. Schulz, il disegnatore dei Peanuts. Arriva a Roma nel 1992 per una grande mostra-omaggio e chiede di incontrare Fellini: all’appuntamento gli si avvicina con reverenza chiamandolo maestro. Ma pure Fellini era emozionato e si abbracciano felici. Ed ebbi poi nella mostra un’enorme soddisfazione: avevo inventato una ‘cuccia video’ con dei monitor su cui passavano immagini di Snoopy. Ogni 5 minuti si illuminava di rosso, partiva il rombo dell’aereo di Snoopy e poi di una sventagliata di mitra, ta-ta-ta-ta-ta, sincronizzata con dei buchi in computer grafica che apparivano sui monitor stessi. Schulz volle che venisse replicata per una sua esposizione a Los Angeles. Ero riuscito a stupire un genio!... E allora accade che quando si sta insieme ai grandi, si sente grande musica, si vede grande cinema, si sta in un mondo in cui poi la mediocrità non l’accetti più…”. Ecco quindi che si deve a Torelli – con la casa di produzione A.T.C. Adriana Trincea Cinema - il debutto nella regia filmica di Anne Riitta Ciccone, madre finlandese e padre siciliano, già aiuto regista di Nanni Loy, oggi tra gli autori più onirici e visionari del cinema indipendente: “Dopo aver prodotto ‘Le Sciamane nel 2000 abbiamo fatto ‘L'amore di Maria’ e lì sono partito come distributore. Anche lì per indignazione… Il film è stato il primo incasso indipendente del 2004-2005 ed ha vinto due globi d'oro. E’ stata una bella soddisfazione… Poi abbiamo fatto nel 2008 ‘Il prossimo tuo’ e nel 2017 un film che si può vedere su Raiplay, ‘I’am – Infinita come lo spazio’”. Il tentativo di aprire il cinema italiano al 3D che deve la sua genesi a David Bush (pioniere degli effetti digitali in Italia ma anche della grafica più visionaria vista in Rai, con “Mr. Fantasy” in testa come anche nella pubblicità: suo il bucolico ed ormai iconico spot del “Mulino Bianco”) che iniziò Torelli alla tecnica in uno stage alla E-Motion di Genova. Poi parlai per produrre il film con i miei referenti in Rai – ricorda Torelli - ma non capivano cosa fosse il 3D, ancora non c'era stato Avatar. Per cui proposi ad Anne Riitta di fare un corto in 3D. Facciamo vedere loro cosa possiamo fare e abbiamo prodotto Victims e li abbiamo convinti. Ma il 3D in Italia non ha funzionato anche perché gli esercenti caricavano troppo sui costi senza dare a qualità necessaria. All'estero invece costa più o meno quanto un film, lo spettatore usa occhiali professionali per guardare lo schermo, altro che occhialini di carta…”.

 Torelli, con la sua società Launchpad 39A, insieme a Simone Gattoni per The Film Club e Rai Cinema, coproduce l’ultimo film di Ciccone, “Gli Immortali“, con le musiche dei Bowland, con David Coco e Gelsomina Pascucci e la partecipazione di Maria Grazia Cucinotta. Anche qui un viaggio nell’inconscio, surreale eppure iperrealista, con lisergiche allegorie, il più sperimentale dei lavori della cineasta. Un unicum nel profluvio di produzioni che ha contraddistinto il periodo tra il 2022 ed il 2023 della ripresa post-pandemica (“Era dagli anni 60 che non si producevano tante ore di audiovisivo in Italia… Per ‘Gli Immortali’ non si trovava un cinemobile, un furgone, le luci …”) grazie agli effetti della Legge Franceschini sul cinema che ha elevato il tax credit dal 15 al 40%, seguita alla Legge Veltroni, un ottimo aiuto per le produzioni in quanto è vero che grava sullo Stato una parte del costo del film ma è anche vero che per ogni euro investito, 2 tornano nella filiera e quindi nell’incasso dello Stato. Adesso la legge è cambiata un'altra volta ma non si conosce ancora la sua vera ratio... La speranza è che venga mantenuta una forma di tax credit per le produzioni in maniera tale che la ricerca del finanziamento non sia accessibile solo ai soliti potenti che hanno canali privilegiati con i network e le piattaforme e che sia invece possibile un'operazione a più ampio spettro, con nuovi autori e diversi sentire. Perché la biodiversità è fondamentale, sia in natura che nel cinema”. Inoltre “la speranza è che si continui a produrre tanto e che nella quantità si riesca a trovare nuovi autori e nuovi prodotti meno massificati, meno standard, meno tranquilli... Ho visto ultimamente degli ottimi film. Per cui la speranza è che nella quantità ci possa essere la qualità”. Una chiosa pronunciata con una buona dose di sarcasmo. La stessa che dominava nelle sue serate trascorse con Gigi Proietti ed i fratelli Citti: “Mai riso tanto come con loro…” ricorda. Ed il graffio, la battuta beffardamente romanesca si alterna a dotte e raffinate citazioni, apre spazi di riflessione colti, come accade in quel tipo di intellettuale che l’Italia ha saputo esprimere prima che la cultura digitale omologasse pensiero e comportamenti. La rappresentazione di una generazione che trovò la sua ultima celebrazione proprio nella cultura dell’“effimero” di Renato Nicolini, l’inventore delle estati romane così care appunto a Torelli. Una parola coniata per dileggio ma che nei fatti espresse l’ultima spinta innovativa della stagione creativa deli anni ’70 per la sua “capacità di scegliere quegli elementi che sono in grado di produrre movimento, di formulare nuove ipotesi, di rinnovare la cultura e la politica stessa” (cit. Nicolini). Ed ecco allora come Torelli cerca di convincere Godard a portare in Italia tutta la sua produzione audiovisiva (“spaventosa… dagli anni ’70 in poi e che avevo visto per interi weekend. 24 ore su 24): “Ci fermammo perché gli avevo chiesto almeno un doppiaggio per poter vendere ad un canale che non fosse Fuori Orario perché pagava quello che poteva... Lui invece si intestardì… E allora gli feci vedere come Giaime Pintor aveva tradotto i primi versi della poesia “Annunciazione” di Rilke… ‘Io sono la rugiada, il giorno, ma tu, tu sei la pianta’. Gli dissi ‘maestro se si può tradurre la poesia lo si può fare anche con un film’. Ma niente… Però fu un'esperienza molto bella”.

Fonte 9colonne.it

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Giò Barbera Giornalista iscritto all’elenco dei “Professionisti” dal 2003. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Liguria dal 1991 come pubblicista fino al 2003 quando ha superato l’esame a Roma per passare ai professionisti. Il suo primo pezzo, da album dei ricordi, l’aveva scritto sul ‘Corriere Mercantile’ (con l’edizione La Gazzetta del Lunedì) nel novembre del 1988. Fondato nel 1824, fu una delle più longeve testate italiane essendo rimasto in attività fino al luglio del 2015. Ha collaborato per 16 anni con l’agenzia Ansa, ma anche con Agi, Adnkronos, è stato corrispondente della Voce della Russia di Radio Mosca, quindi ha lavorato con La Repubblica, La Padania, Il Giornale, Il Secolo XIX, La Prealpina, La Stampa e per diverse emittenti radiofoniche come Radio Riviera 3, Radio Liguria International, Radio Babboleo, Lattemiele, Onda Ligure. E' direttore del portale areamediapress.com e di Radiocom.tv