E' morto Ugo Intini, fu direttore de l'Avanti!
Nella stagione del nuovo corso socialista, quello guidato da Bettino Craxi negli anni Ottanta, Ugo Intini era il personaggio più garbato, un autentico gentiluomo: l’ex portavoce del Psi, scomparso questa mattina a Milano all’età di 82 anni, da qualche tempo era malato, ma con la riservatezza tipica di una vita, aveva informato solo pochissimi della gravità del suo stato. Dopo essere stato giornalista dell’Avanti! a Milano negli anni Sessanta, ne era diventato direttore e poi anche portavoce del Psi di Craxi.
Intini era uno delle “punte” di un gruppo dirigente, quello del Psi tra il 1976 e il 1993, che è paragonabile alle altre grandi “squadre” che hanno fatto la storia del Secondo Novecento: quella raccolta dopo il 1945 attorno a De Gasperi, quella fanfaniana negli anni 50-60, quella del Pci, da Togliatti a Berlinguer. Attorno a sé Craxi aveva riunito personaggi come Giuliano Amato, Claudio Martelli, Rino Formica, Gianni De Michelis, Claudio Signorile, Giuliano Vassalli, Gennaro Acquaviva e inizialmente gli intellettuali “disorganici” raccolti attorno alla rivista “Mondoperaio”.
Milanese, dopo una lunga militanza di base e poi di vertice nel Psi, nella Seconda Repubblica eletto nelle liste dell’Ulivo aveva assunto un incarico di governo durante uno dei governi Prodi. Anche dopo la fine del Psi, aveva evitato l’atteggiamento talora vittimistico dei suoi compagni, si era sempre guardato dall’autocompiacimento (del tipo: avevamo ragione noi socialisti) , sempre all’insegna dell’understatement, un approccio sanamente anacronistico. Ma durante la sua vita era, Intini era entrato in contatto con diversi dei protagonisti del Novecento, non solo italiano e a questi personaggi aveva dedicato un bellissimo libro, l’ultimo da lui scritto: «Testimoni di un secolo. 48 protagonisti e centinaia di comprimari del secolo breve».
La carrellata comprendeva, oltre alle principali personalità della storia socialista, personaggi come Andreotti, Cossiga, Scalfaro, Ciampi, Pajetta; gli artefici della Milano progressista e umanitaria del secondo dopoguerra; giornalisti come Montanelli, Tobagi e Bettiza, grandi oppositori del comunismo (Sacharov e Pelikan) ma anche leader del socialismo reale, a cominciare dal generale Jaruzelski. Negli anni ruggenti del Psi craxiano, ad Intini toccò spesso il compito di punta di diamante nella polemica contro lo stalinismo ancora esistente nel Pci e per questo venne ribattezzato scherzosamente Ugo Palmiro Intini. Ma lui, uomo colto, di meditate di letture e amico di tanti comunisti, non passò mai il segno, mantenendo sempre il rispetto verso gli avversari, politicamente combattuti per anni e anni.
Esemplare da questo punto di vista il capitolo del libro di Intini dedicato a Giancarlo Pajetta, dirigente storico del Pci, che una sera degli anni Ottanta incrociò le lame dialettiche proprio con Intini. Erano gli anni nei quali i socialisti avevano scoperto il velo sugli orrori del comunismo, i due erano stati protagonisti di un serrato dibattito sull’Urss a una festa dell’Unità a Roma sul Tevere e al termine, «intorno ad una pizza e a troppo vino bianco, facemmo notte». Racconta Intini: «Al momento dei ricordi gli occhi di Pajetta diventarono lucidi e mentre ce ne andavamo, con improvvisa dolcezza, mi prese sottobraccio e mi disse: “Tu non puoi capire. Quando ci sentivamo soli, scoraggiati e randagi, nella Roma fascista, noi giovani andavamo davanti all’ambasciata sovietica, guardavamo sventolare la bandiera rossa con la falce e il martello e gli occhi si riempivano di lacrime».
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