Il 2024 sarà con tutta probabilità un anno molto intenso per la politica britannica
Il 2024 sarà con tutta probabilità un anno molto intenso per la politica britannica, in vista delle elezioni parlamentari che potrebbero segnare un ritorno al potere del Partito laborista dopo oltre un decennio. Prima della pausa parlamentare di Natale, il primo ministro Rishi Sunak ha confermato che le elezioni si terranno proprio quest’anno, nonostante il premier abbia il diritto legale di attendere fino a gennaio 2025. Le speranze di vittoria per il Partito sembrano tuttavia sempre più deboli. Non sembra avere successo il tentativo di Sunak di ribaltare le sorti dei conservatori dopo la disastrosa leadership della sua predecessora, Liz Truss, e le difficoltà incontrate dai Tories a partire dalla Brexit e proseguite durante la pandemia di Covid-19. Secondo un recente sondaggio, infatti, l’attuale primo ministro ha guidato il Paese durante un “anno di declino”, portando a una “implosione” nel voto conservatore. Entrato a Downing Street con una popolarità considerevolmente maggiore rispetto al partito nel suo complesso, secondo un sondaggio di Ipsos Uk Sunak è ora visto sfavorevolmente dal 52 per cento degli elettori. All’inizio del 2023, solo il 39 per cento degli elettori aveva invece dichiarato di avere un’opinione sfavorevole nei confronti di Sunak, rispetto al 51 per cento che pensava la stessa cosa nei confronti del Partito conservatore. Tali risultati, che secondo il quotidiano “The Independent” segnano una “drammatica caduta in disgrazia” per il primo ministro, arrivano alla fine di due mesi difficili per Sunak e il suo partito. Dopo essersi presentato come il “candidato del cambiamento” alla conferenza dei Tories di inizio ottobre, Sunak ha improvvisamente nominato l’ex premier David Cameron come ministro degli Esteri, nel tentativo apparente di ristabilire l’ordine dopo il licenziamento dell’ex ministra dell’Interno, Suella Braverman, sostituita a sua volta da James Cleverly. All’origine della faida interna che ha costretto Sunak all’ennesimo rimpasto di governo c’è stata la disputa sulla legge per il trasferimento dei migranti illegali in Ruanda che, secondo il settimanale “The Economist” evidenzia come né il primo ministro né il Partito conservatore in sé possono fornire la necessaria stabilità al Paese. “Il dibattito sul Ruanda sta consumando l’ossigeno politico, impedendo al governo di fare cose più utili e dando al Partito laborista un percorso più facile di quanto meriterebbe” verso la vittoria, aveva osservato il settimanale. Le aspettative del Partito laborista alle prossime elezioni sono ora effettivamente al livello più alto dal novembre del 2022. Secondo un sondaggio condotto da Redfield & Wilton Strategies, il 56 per cento degli elettori ritiene che un governo Labour sia il risultato più probabile qualora le elezioni nazionali del Regno Unito si tenessero entro sei mesi. Il leader dell’opposizione, Keir Starmer, si è reso artefice di una svolta centrista del partito, distanziandosi dalle posizioni più radicali del suo predecessore Jeremy Corbyn, responsabile della significativa sconfitta elettorale nel 2019. Lo scorso ottobre, durante la conferenza annuale del partito, Starmer aveva dichiarato: “Il Labour è cambiato. Non è più il partito della protesta, ma il partito che fa gli interessi del Paese”. Sottolineando che “ciò che è rotto può essere aggiustato”, in riferimento all’inflazione e alla bassa crescita economica, Starmer si è impegnato a costruire un Regno Unito “forte, stabile e sicuro”. Dopo 13 anni di governo conservatore, il Regno Unito potrebbe dunque tornare ad avere una guida laborista. Tuttavia, negli ultimi mesi anche la formazione di opposizione ha affrontato non poche difficoltà. In particolare, Starmer si ritrova a dover gestire una delle sfide più significative e pericolose dal 2019, quella legata conflitto in corso a Gaza. L’escalation di violenza in Medio Oriente e l’operazione militare lanciata da Israele hanno infatti provocato una profonda spaccatura interna tra coloro che sostengono una posizione filo palestinese e quelli che invece continuano ad appoggiare Tel Aviv, seguendo la linea tracciata dallo stesso Starmer fin dai primi giorni del suo mandato. Nelle ultime settimane il leader laborista ha dovuto affrontare un crescente ammutinamento da parte dei suoi consiglieri e parlamentari, che hanno chiesto al partito di cambiare la posizione ufficiale e condannare Israele per la crisi umanitaria a Gaza. Il tema centrale della disputa riguarda i voti della classe media di sinistra liberale e della classe operaia musulmana, che continuano a chiedere pubblicamente il cessate il fuoco a Gaza, e il cui sostegno potrebbe essere decisivo per vincere le elezioni. La risposta di Starmer al dibattito interno al Labour, secondo il quotidiano “The Guardian”, non ha fatto altro che consolidare la visione di una leadership “cinica e inaffidabile”, incrinando potenzialmente il momento positivo del partito nei sondaggi.
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