La qualità dell’aria all’interno delle nostre abitazioni è peggiore di quella all’aperto
La qualità dell’aria all’interno delle nostre abitazioni è peggiore di quella all’aperto in quasi tutte le case. E Milano detiene questo primato, negativo, a livello globale. E’ questo in sintesi l’esito del progetto realizzato da Dyson, che ha analizzato le informazioni relative alla qualità dell’aria indoor raccolte da oltre 2,5 milioni di purificatori d’aria Dyson tra il 2022 e il 2023, delineando un quadro dettagliato della qualità dell’aria nelle abitazioni di tutto il mondo. Il progetto distingue gas e particolato, identificando dei trend su base giornaliera, mensile, stagionale e annuale. Si focalizza su due categorie di inquinanti: PM2,5 e composti organici volatili (Cov). Nel primo caso si tratta di particelle, invisibili a occhio nudo, in cui rientrano combustione – stufe a legna, cucine e riscaldamento a gas – peli degli animali domestici, cenere e polvere. Nel secondo, invece, si tratta di inquinanti gassosi, tra cui benzene e formaldeide, che possono essere emessi da attività come la pulizia o la cottura a gas, oltre che da prodotti come deodoranti, spray per il corpo, candele, mobili e arredi. Tutti i Paesi esaminati (a esclusione di quattro) hanno registrato livelli di PM2,5 indoor superiori a quelli outdoor per sei mesi o più, inclusa l’Italia, dove i valori medi mensili interni di PM2,5 hanno superato quelli esterni per sette mesi nel 2022, la Cina, l’Australia, la Francia, l’Austria, il Canada e la Spagna, le cui abitazioni hanno sperimentato una qualità dell’aria peggiore rispetto a quella outdoor per ogni singolo mese dell’anno. Solo nelle case di India, Norvegia, Polonia e Finlandia i livelli di PM2,5 sono stati generalmente inferiori rispetto a quelli esterni, superandoli per meno di sei mesi nel corso del 2022. Febbraio è stato il mese in cui il maggior numero di Paesi ha sperimentato la differenza più evidente tra i livelli di PM2,5 outdoor e indoor (7 Paesi), seguito da settembre (6 Paesi) e novembre (5 Paesi). L’Italia invece non rispecchia perfettamente il trend, con il picco che si è verificato ad aprile 2022 (con livelli di PM2,5 indoor superiori del 47% rispetto a quelli outdoor), seguito da gennaio, febbraio, marzo e settembre. Dal punto di vista delle singole città, il confronto tra l’inquinamento da PM2,5 outdoor e indoor è stato particolarmente negativo a Milano, che ha registrato il peggiore risultato globale: i livelli medi annui di PM2,5 indoor nel 2022 sono stati di 2,63 volte superiori rispetto a quelli outdoor – una discrepanza maggiore rispetto a qualsiasi altra città studiata – con picchi nei mesi di dicembre (3,46) e gennaio (3,48), fino al record di 4,17 volte oltre i valori outdoor a marzo. Dopo Milano, altri record negativi sono stati quelli di Shenzhen (con livelli annui di PM2,5 indoor superiori del 97% rispetto all’outdoor), Amsterdam (76%), Seoul (53%), Madrid (50%), Melbourne (40%), Vienna (37%), Singapore (36%) e New York (35%). 21 città (su 35 esaminate) hanno registrato livelli medi annui di PM2,5 negli ambienti chiusi superiori rispetto a quelli all’aperto. Analizzando i dati mensili, sono otto le città che hanno registrato livelli di PM2,5 indoor superiori rispetto all’outdoor per ogni singolo mese dell’anno: Shenzhen, New York, Melbourne, Milano, Roma, Seoul, Vienna e Amsterdam.
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