Regge la tregua a Gaza tra Israele e Hamas
Regge la tregua a Gaza tra Israele e Hamas mentre si attende la liberazione di un nuovo gruppo di ostaggi, il quinto, e la scarcerazione di altri detenuti palestinesi. Intanto, a Doha si discute di un'ulteriore proroga: nella capitale del Qatar sono riuniti il capo del Mossad, David Barnea, il direttore della Cia William Burns, il capo dei servizi segreti egiziani Abbas Kamel e il premier qatarino Mohammed Bin Abdulrahman al-Thani. L'obiettivo dei mediatori è quello di estendere ulteriormente la pausa umanitaria fino a raggiungere un cessate il fuoco permanente, che potrebbe anche aiutare ad abbassare le tensioni in Cisgiordania ed evitare l'allargamento della guerra, in primis al Libano con Hezbollah. Ma l'impresa è ardua e richiederebbe a entrambe le parti in conflitto di fare concessioni difficili da digerire. Finora, in cinque giorni, Hamas ha rilasciato 50 ostaggi israeliani e diversi stranieri, in stragrande maggioranza thailandesi, mentre Israele ha scarcerato 150 detenuti, soprattutto donne e minorenni, di cui 98 in detenzione amministrativa cioè senza mai essere stati incriminati formalmente. Israele ritiene che siano ancora 173 i sequestrati nell'enclave palestinese, tra cui 6 minori. Non tutti sono nelle mani di Hamas, che ha riferito di aver parlato con gruppi minori nella Striscia per cercare di localizzarli, e oltre 40 sarebbero prigionieri della Jihad islamica. Secondi funzionari al corrente dei colloqui a Doha, lo Stato ebraico non sarebbe disposto a prorogare la tregua oltre domenica, per un totale di dieci giorni da quando è entrata in vigore venerdì scorso. In quest'ottica, già prima che iniziasse la pausa nei combattimenti, il gabinetto di guerra aveva preparato una lista con 300 nomi di detenuti palestinesi idonei a essere scarcerati, seguendo la regola stabilita di 30 per ogni giorno di tregua. Finora, nonostante le accuse incrociate di violazioni, l'accordo ha retto: tra i momenti di tensione, il ritardo nella liberazione degli ostaggi israeliani sabato scorso e l'esplosione odierna di ordigni vicino alle truppe israeliane nel nord di Gaza, insieme a uno scontro a fuoco. Un episodio che ha spinto - senza risultato - il leader dell'estrema destra israeliano e ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, a esortare il premier Benjamin Netanyahu a ordinare la ripresa dei combattimenti. "Stiamo cercando di creare fiducia e buona volontà per aprire la porta a una pace a lungo termine e a una soluzione politica", ha affermato un alto funzionario egiziano al Wall Street Journal. "È un azzardo, ma finora entrambe le parti si sono astenute dal cercare un vantaggio militare durante la pausa, il che ci fa sperare che sia fattibile". Netanyahu ha ribadito che l'obiettivo di Israele è "il rilascio di tutti i prigionieri, l'eliminazione di Hamas sopra e sottoterra, e ovviamente che Gaza non torni a essere quella che era e a rappresentare una minaccia per il nostro Paese". I vertici della Difesa hanno assicurato che la guerra riprenderà con forza non appena sarà scaduta la pausa. Ma da Washington un alto funzionario americano ha fatto sapere che il presidente Joe Biden ha espresso a Israele, con "un linguaggio molto chiaro", la sua opposizione a un proseguimento della campagna militare nel sud della Striscia, dove si è spostata - a causa dei bombardamenti al nord - larga parte della popolazione, di cui si vuole evitare un ulteriore trasferimento di massa. L'amministrazione Usa ha anche esortato l'alleato a essere più preciso e chirurgico nel prendere di mira Hamas a Gaza per limitare ulteriori vittime civili nella Striscia.
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