Truffa con le energie rinnovabili. Sequestrati beni per oltre 7,7 milioni di euro

Ago 2, 2024 - 07:17
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Truffa con le energie rinnovabili. Sequestrati beni per oltre 7,7 milioni di euro

Le indagini delle Fiamme Gialle del Gruppo di Forlì – dirette dall’A.G. ravennate a partite dal 2022 – hanno fatto luce su un vasto sistema di frode architettato per ottenere, illecitamente, cospicue contribuzioni pubbliche di origine nazionale erogate dal Gestore dei Servizi Energetici (G.S.E.) al fine di promuovere, tramite sostegni economici, la diffusione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; ciò attraverso un giro di fatture false di oltre quattro milioni di euro. Per questo, nel corso della stessa operazione, denominata «Bosco Perduto», i militari della Guardia di Finanza di Forlì hanno anche eseguito un decreto di sequestro preventivo – assunto in via d’urgenza dalla suddetta Procura della Repubblica e successivamente convalidato dal Gip del Tribunale di Ravenna – nei riguardi della precitata centrale di produzione di energia rinnovabile e del suo legale rappresentante, in relazione all’illecito profitto di oltre 7,7 milioni di euro complessivamente ottenuto, pari ai contributi pubblici indebitamente percepiti e alle imposte evase. I Finanzieri – anche sulla base di precedenti, diverse investigazioni dei Carabinieri Forestali delle Regioni Emilia Romagna e Toscana – hanno smascherato l’utilizzo di biomasse legnose da parte del suddetto operatore energetico faentino, conferite e certificate falsamente come incentivabili da altre due società con sede a Faenza e Forlì. Le investigazioni – svolte anche mediante apposite intercettazioni telefoniche ed ambientali (utilizzo dei c.d. trojan) – hanno in realtà disvelato una prassi illegale, posta in essere in maniera sistematica dalle predette società, basata sulla illecita commistione di biomasse “tracciate”, regolarmente provenienti da zone all’interno di un raggio di 70 km dalla centrale e, pertanto, in possesso dei requisiti normativi per ottenere il massimo incentivo statale, con biomasse “non tracciate”, risultate essere scarti di segagione, potature e ramaglie, provenienti da segherie e impianti di stoccaggio di materiale legnoso, invece non incentivabili e distanti oltre il limite disposto dalla legge. Nel corso delle indagini, le Fiamme Gialle forlivesi, che si sono avvalse anche delle puntuali perizie tecniche eseguite dai Carabinieri Forestali del Gruppo di Forlì-Cesena sui fondi agricoli interessati, hanno appurato che, nel periodo preso in considerazione, su oltre 130 mila tonnellate di biomassa oggetto di richiesta di incentivo, soltanto 30 mila avevano i requisiti di tracciabilità da filiera corta. I Finanzieri hanno scoperto, in particolare, che l’artificiosa “trasformazione” del materiale legnoso privo dei requisiti di tracciabilità in biomassa incentivabile, avveniva anche attraverso l’espediente del “doppio” documento di trasporto. In pratica, ogni documento “vero”, cioè attestante il trasporto di biomassa “non incentivabile” era accompagnato e poi sostituito da un altro “falso”, utilizzato allo scopo di nascondere la reale provenienza del materiale. Tuttavia non è sfuggito agli occhi attenti degli investigatori che mentre le date, i mezzi e gli autisti indicati nei due documenti di accompagnamento corrispondevano, gli itinerari, invece, certificavano una diversa posizione di partenza e un diverso mittente. I vantaggi economici ottenuti sono stati notevoli per tutti. Da un lato, la centrale di produzione energetica è riuscita ad incamerare circa 7 milioni di euro in più rispetto a quanto le sarebbe spettato; dall’altro, le aziende fornitrici di massa legnosa, conferendo materiale da scarto proveniente da siti distanti oltre 70 Km dalla centrale, hanno ottenuto un prezzo superiore, in quanto la stessa è stata fatturata al pari di quella qualitativamente migliore ed incentivabile. I Finanzieri hanno scoperto, infatti, che, in molte circostanze, la biomassa ceduta era riferita perlopiù a materiale derivante dalla pulizia di frutteti e terreni non aventi i requisiti di tracciabilità, peraltro venendo ritirato a titolo gratuito o, addirittura, dietro pagamento dei relativi proprietari.

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Giò Barbera Giornalista iscritto all’elenco dei “Professionisti” dal 2003. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Liguria dal 1991 come pubblicista fino al 2003 quando ha superato l’esame a Roma per passare ai professionisti. Il suo primo pezzo, da album dei ricordi, l’aveva scritto sul ‘Corriere Mercantile’ (con l’edizione La Gazzetta del Lunedì) nel novembre del 1988. Fondato nel 1824, fu una delle più longeve testate italiane essendo rimasto in attività fino al luglio del 2015. Ha collaborato per 16 anni con l’agenzia Ansa, ma anche con Agi, Adnkronos, è stato corrispondente della Voce della Russia di Radio Mosca, quindi ha lavorato con La Repubblica, La Padania, Il Giornale, Il Secolo XIX, La Prealpina, La Stampa e per diverse emittenti radiofoniche come Radio Riviera 3, Radio Liguria International, Radio Babboleo, Lattemiele, Onda Ligure. E' direttore del portale areamediapress.com e di Radiocom.tv