La Bosnia Erzegovina torna alla Biennale di Venezia
È un ritorno molto significativo quello della Bosnia Erzegovina alla Biennale di Venezia in occasione della sessantesima edizione della più antica rassegna internazionale di arte, organizzata ogni due anni nella città lagunare. La rassegna si sviluppa principalmente nel sestiere Castello, con estensioni negli spazi collaterali e nei padiglioni disseminati in tutta l’isola principale, pronti a ospitare opere provenienti da 90 Paesi da tutto il mondo. La rappresentanza del paese balcanico, che ha partecipato ufficialmente soltanto sei volte nel corso della sua storia, mancava dal 2019 quando Danica Dakić portò in scena la “Zenica Trilogy ” dedicata all’eredità del modernismo jugoslavo a partire dalla città simbolo dell’idea di progresso industriale di declinazione socialista come incarnata all’epoca di Tito. In quella occasione, l’opera consisteva principalmente in una installazione audiovisiva sulla transizione dallo spazio urbano reale a quello immaginato proiettata nelle sale del Palazzo Francesco Molon, a Ca’ Bernardo, dunque al di fuori della cerchia rappresentata dagli spazi espositivi permanenti, generalmente ospitati all’interno del complesso dei Giardini e dell’Arsenale. Oggi lo scenario è cambiato radicalmente e la scelta dei curatori è dettata principalmente dalla volontà di far emergere una visione meno nota, legata della propensione mediterranea del Paese, in particolare attraverso le caratteristiche geografiche intrinseche della componente erzegovese, incarnata a livello artistico nel lavoro dello scultore Stjepan Skoko. Il suo progetto, intitolato “The Measure of the Sea” o, in lingua originale, “Mjera mora” (letteralmente: la misura del mare), rappresenta ufficialmente il Padiglione della Bosnia Erzegovina e mira ad accompagnare idealmente anche il processo di adesione all’Unione europea, in questo caso attraverso l’esaltazione dell’anima mediterranea del Paese in una proiezione verso il futuro che si allontana, per quanto possibile, dall’eco costante della memoria e della storia ampiamente associate a uno dei contesti geopolitici più complessi degli ultimi decenni. Giunte a Venezia da qualche settimana, le opere realizzata Stjepan Skoko per l’allestimento veneziano sono state presentate in anteprima lo scorso 18 aprile presso la sede dell’UNESCO di Palazzo Zorzi Galeoni a San Severo, nel sestiere di Castello (Castello, 4930), dove saranno esposte fino a domenica 24 novembre 2024. Furono proprio le sale di Palazzo Zorzi Galeoni a ospitare il primo padiglione bosniaco-erzegovese nel 1993, in pieno conflitto, quando iniziò a far parlare di sé quello che all’epoca era un embrione dell’istituzione simbolo di una coraggiosa idea proiettata verso un futuro immaginato, anche grazie alla salvezza delle opere d’arte nel momento in cui quella delle vite umane sembrava pura utopia: Ars Aevi. Concepito nella Sarajevo assediata dal suo visionario ideatore, Enver Hadžiomerspahić, l’originale progetto di museo dedicato all’arte contemporanea quale frutto di una intensa cooperazione tra artisti e curatori museali internazionali, è cresciuto e ha viaggiato negli ultimi 30 anni proprio a partire dalla decisione di Achille Bonito Oliva di supportare la pionieristica iniziativa con l’invito alla Biennale di Venezia da lui diretta nel 1993, la prima edizione a essere definita realmente “multimediale, multiculturale e transnazionale” e a sfidare la tradizionale “territorialità” dei padiglioni.
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