Tunisia: 1132 azioni di protesta e 33 suicidi nel primo trimestre 2025

Apr 15, 2025 - 02:33
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Tunisia: 1132 azioni di protesta e 33 suicidi nel primo trimestre 2025

Nel corso dei primi tre mesi dell’anno, sono state registrate in Tunisia 1132 azioni di protesta, in aumento del 238 per cento rispetto alle sole 475 mobilitazioni rilevate nel primo trimestre del 2024, considerato l’anno con la minor attività di protesta dal 2011. Lo si apprende dal rapporto trimestrale dell’Osservatorio sociale tunisino per i diritti economici sociali (Fdtes), che evidenzia una significativa escalation del movimento di protesta nel Paese, affiancata da un preoccupante fenomeno di suicidi con valenza politica e una persistente violenza in un contesto di diffusa impunità. Le rivendicazioni principali delle proteste (circa il 53 per cento del totale) sono state legate alla risoluzione di problematiche lavorative irrisolte, come la situazione dei lavoratori precari (cantieri), degli insegnanti supplenti, il diritto al lavoro per i laureati disoccupati, il miglioramento delle condizioni di lavoro e il pagamento degli arretrati salariali. Curiosamente, l’ondata di proteste è stata inizialmente alimentata da dichiarazioni ufficiali della presidenza della Repubblica che invocavano la fine dei contratti precari, la risoluzione delle questioni lavorative pendenti e la realizzazione della giustizia sociale. Questo ha innescato un’impennata di manifestazioni e sit-in all’inizio dell’anno, con numeri in rapida crescita, la cui intensità sarebbe probabilmente rimasta elevata se non fosse sopraggiunto il mese di Ramadan a marzo, che ha portato a un rallentamento. Proprio marzo ha registrato il minor numero di proteste (217), in netto calo rispetto a febbraio (432) e gennaio (483). Si è inoltre osservato un calo nell’utilizzo dello spazio digitale come piattaforma di protesta, a favore di manifestazioni fisiche in luoghi pubblici, sedi di lavoro, strade, piazze, istituzioni giudiziarie e carceri. L’Osservatorio continua a monitorare un “diffuso malcontento” della popolazione tunisina, alimentato dall’aumento dei prezzi, dal basso tenore di vita e dalle difficoltà nel far fronte alle esigenze quotidiane. Ulteriori motivi di protesta includono le carenze infrastrutturali, il deterioramento dei servizi amministrativi pubblici, la vetustà del parco mezzi di trasporto, le continue interruzioni e la scarsa regolarità nella fornitura di acqua potabile, un problema cronico che affligge indistintamente aree urbane e rurali in tutto il Paese. Il primo trimestre del 2025 ha anche segnato un ulteriore deterioramento della libertà di espressione e di stampa, con un aumento delle minacce e delle violazioni nei confronti di giornalisti e utenti dei social media. L’inizio del processo ai presunti responsabili del cosiddetto “caso di cospirazione contro lo Stato”, il 4 marzo 2025, ha coinciso con una recrudescenza di campagne di diffamazione e cyberbullismo mirate a chiunque difendesse il diritto degli imputati a un processo pubblico e non da remoto, che rispettasse i principi di un equo processo, secondo l’organizzazione. Il rapporto evidenzia la persistente retorica ufficiale di “tradimento” e “divisione”, con una narrazione binaria tra “patrioti” e “non patrioti”, “cospiratori” contro la sicurezza e la stabilità dello Stato. Parallelamente, peggiora la situazione dei migranti subsahariani, in un contesto di crescente violenza e discriminazione nei loro confronti e di incertezza sul loro destino, come dimostra il loro ritrovarsi intrappolati tra gli uliveti nelle zone di Al Amra e Jebiniana (Sfax), impossibilitati a partire o a realizzare il sogno di raggiungere la sponda nord del Mediterraneo. Allo stesso tempo, si è osservata una continua mobilitazione a sostegno della resistenza palestinese durante i primi mesi dell’anno, in condanna del persistente “genocidio” perpetrato da Israele contro il popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania. Le attività di solidarietà da parte dei tunisini hanno assunto forme culturali ed economiche (boicottaggio) sempre più diversificate e significative. In termini numerici, i dipendenti pubblici e privati e i disoccupati hanno rappresentato la principale forza motrice delle proteste nel primo trimestre, costituendo circa la metà delle mobilitazioni registrate. Seguono attivisti, difensori dei diritti umani, sindacalisti, studenti, detenuti e giornalisti, che insieme hanno rappresentato un quarto delle proteste. Nello stesso periodo, si sono verificate anche azioni di protesta da parte di residenti, agricoltori, commercianti, tassisti, autisti di autobus pubblici, studenti, genitori, operatori sanitari, personale medico, tifosi sportivi e giocatori. Come riflesso della centralizzazione del potere, Tunisi capitale si conferma la regione con la maggiore concentrazione di proteste nel primo trimestre, con 293 mobilitazioni. Seguono Tataouine (75), Gafsa (74), Kairouan (61), Jendouba (54), Nabeul (53), Médenine (51), Tozeur e Sidi Bouzid (entrambe con 50), Kasserine (48), Bizerte (40) e, con 36 proteste ciascuna, Sousse e Manouba. Le proteste hanno interessato tutte le province del paese, con Zaghouan che ha registrato il numero più basso (12) nei primi tre mesi dell’anno. Oltre l’88 per cento delle proteste rilevate si è svolto fisicamente, principalmente attraverso sit-in, scioperi, blocchi di attività, scioperi della fame, blocchi stradali, apposizione di bracciali rossi, giornate di rabbia e chiusura di sedi di lavoro. La restante parte si è espressa online, attraverso appelli, petizioni e dichiarazioni di condanna sui media e sui social network. Le proteste nel primo trimestre non hanno mostrato una particolare distinzione di genere: 984 mobilitazioni sono state miste, 107 guidate da uomini e 41 prevalentemente femminili. In oltre l’80 per cento dei casi, le proteste sono state indirizzate alle autorità statali a vari livelli (presidenza della Repubblica o del Governo, autorità regionali, ministeri, comuni e governatori), mentre la restante parte ha avuto come destinatari principali l’autorità giudiziaria e i datori di lavoro interessati. Dal rapporto emerge inoltre che da gennaio a marzo 2025, sono stati registrati 33 casi o tentativi di suicidio, molti dei quali inscenati come forma di protesta in spazi pubblici, di fronte a sedi di sicurezza, all’interno di tribunali o istituti scolastici. Questi luoghi sono stati scelti come palcoscenico per comunicare il proprio disagio e la disperazione, che ha portato queste persone a rifiutare di continuare a vivere, scegliendo di togliersi la vita impiccandosi, dandosi fuoco o ingerendo sostanze tossiche o farmaci. I casi di suicidio monitorati dall’Osservatorio sociale tunisino includono anche 14 giovani e dieci minorenni. Gli uomini rappresentano 25 dei casi di suicidio, mentre le donne otto. Il primo trimestre dell’anno è stato caratterizzato anche da una diffusa violenza, in un contesto generale di impunità nei casi di femminicidio, di proliferazione della violenza online, di discorsi di discriminazione, razzismo e diffamazione, a cui si affianca una minimizzazione dell’impatto di tale violenza da parte delle autorità ufficiali, dei media e dei cittadini. Nei primi tre mesi dell’anno si è registrata una diminuzione della violenza collettiva, a fronte di una predominanza degli spazi pubblici (strade, istituti scolastici, uffici amministrativi e sanitari, siti di produzione economica) come luoghi in cui si manifesta la violenza. Si osserva una graduale “genderizzazione” della violenza, con una crescente percentuale di aggressori uomini (84 per cento dei casi registrati), mentre le vittime sono distribuite in modo più equilibrato tra uomini (47 per cento) e donne (40 per cento). L’intimidazione e l’aggressione sono gli obiettivi principali nei casi di violenza registrati, seguiti dal furto e dall’aggressione sessuale. Per quanto riguarda le tipologie di violenza registrate nel primo trimestre, prevale la forma criminale, con omicidi o minacce di morte che costituiscono la maggior parte degli eventi monitorati, seguiti da rapine e furti. Sono stati inoltre documentati altri atti di violenza, come aggressioni a funzionari pubblici, rapimenti, stupri, violenza contro bambini e donne, violenza domestica, molestie sessuali, minacce di morte e violenza contro gli uomini.

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Giò Barbera Giornalista iscritto all’elenco dei “Professionisti” dal 2003. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Liguria dal 1991 come pubblicista fino al 2003 quando ha superato l’esame a Roma per passare ai professionisti. Il suo primo pezzo, da album dei ricordi, l’aveva scritto sul ‘Corriere Mercantile’ (con l’edizione La Gazzetta del Lunedì) nel novembre del 1988. Fondato nel 1824, fu una delle più longeve testate italiane essendo rimasto in attività fino al luglio del 2015. Ha collaborato per 16 anni con l’agenzia Ansa, ma anche con Agi, Adnkronos, è stato corrispondente della Voce della Russia di Radio Mosca, quindi ha lavorato con La Repubblica, La Padania, Il Giornale, Il Secolo XIX, La Prealpina, La Stampa e per diverse emittenti radiofoniche come Radio Riviera 3, Radio Liguria International, Radio Babboleo, Lattemiele, Onda Ligure. E' direttore del portale areamediapress.com e di Radiocom.tv