Bolivia: Luis Arce rinuncia a sorpresa alla corsa presidenziale e predica unità a sinistra
Il presidente della Bolivia, Luis Arce, ha annunciato che rinuncia a ricandidarsi all’incarico, nelle elezioni in agenda il 17 agosto. La decisione, resa nota a poche ore dall’apertura delle iscrizioni alla corsa presidenziale, segue un lungo percorso di divisioni all’interno del Movimento per il socialismo (Mas), il partito che governa il Paese in modo quasi ininterrotto da oltre 20 anni. “Oggi faccio conoscere al popolo boliviano con assoluta fermezza la mia decisione di ritirare la sua candidatura alle elezioni presidenziali del prossimo agosto”, ha detto Arce invocando unità nella sua parte politica, per evitare che vinca il “progetto fascistoide” pensato per “distruggere lo Stato plurinazionale”. Appello specialmente diretto al suo predecessore, un tempo alleato politico, Evo Morales, che punta a un nuovo mandato nonostante i diversi i impedimenti legali certificati dalla Corte costituzionale. “Da questo palco lancio una sfida all’ex presidente Evo Morales a non insistere ad essere candidato alla presidenza”, ha detto.
Economista, 61 anni, Arce risponde inoltre da tempo di una crisi sociale economica del Paese che sta ha portato gli indici di gradimento del suo governo ai minimi da anni. La crisi di disponibilità dollaro, che la Banca centrale mantiene da anni legati a un tasso di cambio con il boliviano relativamente stabile, e la scarsa offerta di carburanti, cruciali in un Paese la cui conformazione rende il trasporto su gomma dominante, sono alla base di numerose proteste sociali, spesso tradotte in interruzioni prolungate delle principali arterie stradali. Un sondaggio in vista delle presidenziali, pubblicato a fine marzo dalla società Captura, assegnava ad Arce circa l’1 per cento delle preferenze.
L’auspicio del presidente in carica è che si possa ricomporre l’unità delle forze di sinistra, un tempo riunite nel Mas e oggi divise in tre segmenti. Oltre a quelli di Morales ed Arce, che è stato a lungo ministro delle Finanze nei governi del leader “cocalero”, c’è infatti un terzo fronte che fa riferimento ad Andronico Rodriguez, presidente del Senato che ha lanciato a sorpresa la sua candidatura nei giorni scorsi, quando il capo dello Stato era ancora in corsa. Decisione che aveva aperto polemiche per la possibile ulteriore frammentazione del voto, ma che oggi, alla luce della rinuncia di Morales, potrebbe essere meno grave. La frattura politica tra Arce e Morales, il primo ritenuto lontano dai valori di sinistra proclamati dal secondo, ha portato nel tempo alla divisione del Mas in due blocchi, tanto nel parlamento quanto nel Paese, protagonisti di intensi scontri politici e giuridici. Da ultimo, nel novembre del 2024, Evo è stato estromesso dal partito che guidava da 27 anni, costringendolo a riparare in una nuova forza politica – Evo Pueblo – che proclama totale distanza dal Mas.
Morales ha in teoria esaurito il limite massimo dei mandati da presidente riconosciuti dalla Costituzione, avendo anche perso un referendum che aveva indetto proprio per superare l’ostacolo, ma non intende rinunciare alla corsa denunciando una manovra contro di lui orchestrata dalla destra. Il leader indigeno è inoltre protagonista di una delicata vicenda giudiziaria: accusato di violenze sessuali su minori e tratta di esseri umani, è oggetto di un mandato di cattura che sta evadendo da mesi, riparato dai suoi fedelissimi nella regione di Cochabamba, da sempre suo bastione politico ed elettorale. Non di rado le manifestazioni di protesta contro l’operato del governo si sono confuse con scontri tra i sostenitori di Arce e quelli di Morales, leader che il presidente accusa di voler agire solo per prolungare la sua traiettoria politica a scapito degli interessi del popolo.
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