In Venezuela aperte le iscrizioni per le candidature alle presidenziali che si terranno il 28 luglio
Le autorità elettorali del Venezuela hanno aperto oggi le iscrizioni per le candidature alle presidenziali che si terranno il 28 luglio. Un appuntamento che prende via tra le polemiche e le forti preoccupazioni, anche internazionali, legate all’ultima ondata di arresti disposta dalla procura generale nei confronti di alcuni dirigenti delle opposizioni, accusati di aver ordito un “sanguinoso” piano sovversivo. Gli ordini di arresto, presentati mercoledì sera in diretta televisiva dal procuratore generale Tarek William Saab, rendono ancora più complicata la presenza alle urne dei principali partiti di opposizione. Nel mirino della procura finiscono infatti alcuni dei possibili candidati in sostituzione di Maria Corina Machado, netta vincitrice delle primarie di ottobre scorso ma messa fuori gioco da una sentenza della giustizia amministrativa, confermata a gennaio dalla Corte Suprema. Gli ordini d’arresto raggiungono diversi funzionari del partito di Machado, Vente Venezuela – tra cui il coordinatore organizzativo Henry Alviarez e la dirigente Dignora Hernandez -, ma nel fascicolo di William Saab entrano anche altri nomi di possibili candidati, a partire da Magaly Meda, coordinatrice di campagna e “mano destra” di Machado. Senza contare che giorni fa le autorità avevano chiuso la strada delle presidenziali anche a Juan Pablo Guanipa, figura di rilievo nella scena politica di Zulia, Stato che si prospetta chiave negli equilibri elettorali di fine luglio. Più in generale l’azione della pubblica accusa mette alla prova la capacità di manovra dell’opposizione: con tutti gli arresti concentrati sul partito di Machado, potenzialmente il più votato, il fronte anti-governativo dovrà vincere i tanti dissapori interni, se vorrà trovare una soluzione adeguata. Il tempo rimasto non è molto: il 25 marzo scade il termine per le candidature e non è detto che sul percorso non emergano altri ostacoli. per il momento ci sono solo ipotesi: alcune fonti stampa parlano di una possibile mediazione in extremis degli Stati Uniti, per far rientrare la stessa Machado, mentre si vocifera che uno dei partiti ammessi sulla scheda, Fuerza vicinal, inizialmente votato a seguire la maggioranza, potrebbe appoggiare Manuel Rosales, oppositore di lungo corso, che da ultimo ha fatto sapere che avrebbe appoggiato Machado. Gli arresti sono parte di un filone di indagine su presunti piani di sovversione, portato avanti dal procuratore generale. In questo caso, le prove sono contenute in una “confessione” resa in video da Emilio Brandt Ulloa, un altro dirigente di Vente Venezuela arrestato un paio di settimane fa. L’uomo parla di un piano per “assaltare la caserme, sobillare la strada e immergere il Paese nel sangue”. I cospiratori, tra gennaio e febbraio, si sarebbero mossi per convincere i militari in esilio a muovere verso il Paese prendendo il controllo delle caserme, fomentare manifestazioni e proteste di massa per aumentaare la pressione internazionale allo scopo di “abilitare Machado”. Il tutto con il finanziamento di ong in grado di muovere migliaia di dollari, sotto la supervisione di due noti oppositori in esilio, Julio Borges e Antonio Ledezma. Per il momento, la leader di Vente Venezuela non esplicita il “piano B”, ma denuncia gli arresti come una nuova prova arbitraria di forza del potere. “Questo è un segno di profonda debolezza perché sanno di aver perso. Se pensano che con queste azioni mi isoleranno e mi lasceranno sola, sia chiaro, la nostra squadra è il Venezuela e ogni giorno ci sono più motivi per continuare a lottare”, ha spiegato. Il “regime”, prosegue Machado, “dispiega tutta la sua malvagità per istigare il terrore nella società, ma si sbaglia. Si trova a confrontarsi con la forza della gente, unita”, ha detto la leader oppositrice valorizzando la presenza, al suo fianco, di dirigenti di diverse altre forze anti governative. Machado ha quindi sferzato i membri della comunità internazionale: “Cosa faranno? Da loro ci aspettiamo molto di più che semplici auspici”, ha detto. Per il momento, le varie cancellerie rispondono con messaggi di preoccupazione e allarme. Gli Stati Uniti, scrive su X il sottosegretario per l’emisfero occidentale e l’America latina, Brian Nichols, segnalano che “l’intensificarsi degli attacchi di Maduro alla società civile e agli attori politici è totalmente incongruente con gli accordi di Barbados” ma “non soffocherà le aspirazioni democratiche del popolo venezuelano”. Washington esige “l’immediato rilascio di tutte le persone ingiustamente arrestate”. Per il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa), Luis Almagro, Caracas conferma di avere nella “repressione” l’unica “arma elettorale”. Parole severe arrivano anche dall’Argentina, secondo cui gli arresti “costituiscono azioni contrare allo spirito democratico e attentano alla nascita di nuove leadership politiche e alla legittimità civile”. E come in precedenti occasioni, la risposta di Caracas non è stata sottile. Per il ministro degli Esteri del Venezuela, Yvan Gil, “non sorprende” che un governo “nazi” come quello argentino, “si converta in difensore e complice di fascisti”.
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