India: al via le elezioni in tre fasi per il rinnovo dell’Assemblea legislativa di Jammu e Kashmir
Il Jammu e Kashmir è pronto per rinnovare la sua Assemblea legislativa, sciolta quasi sei anni fa, nel novembre del 2018, prima ancora della revoca della statualità e dell’autonomia, nell’agosto del 2019. Le elezioni si terranno in tre fasi: il 18 settembre, il 25 settembre e il primo ottobre. Lo scrutinio si svolgerà l’8 ottobre, insieme a quello dello Stato dell’Haryana, al voto in un’unica fase il 5 ottobre. Nel Jammu e Kashmir sono iscritti nei registri elettorali 8.866.704 elettori e saranno allestiti 11.838 seggi. La prima fase coinvolgerà 24 collegi, la seconda 26 e la terza 40. I seggi in palio sono 90 seggi, in altrettanti collegi ridefiniti da un’apposita commissione dopo il riassetto. La revisione, accolta in modo critico dai principali partiti del Territorio, ha portato i collegi da 83 a 90, di cui 43 del Jammu e 47 del Kashmir (da 37 e 46 rispettivamente). Prima dello scioglimento dell’Assemblea legislativa, il Partito del popolo indiano (Bjp) governava col Partito democratico popolare (Pdp), una coalizione formatasi dopo le elezioni del 2014, da cui non era uscito un vincitore assoluto, e divisa su molti temi, primo tra tutti la gestione della sicurezza. Fu il Bjp – il partito del primo ministro dell’India, Narendra Modi – ad aprire la crisi del governo guidato dalla leader del Pdp, Mehbooba Mufti. Lo strappo avvenne il 19 giugno, due giorni dopo la decisione del governo centrale di riprendere le operazioni anti-insurrezione, sospese per il periodo del Ramadan. Secondo Nuova Delhi, che aveva acconsentito a un cessate il fuoco unilaterale accogliendo un appello di Mufti, la sospensione non aveva prodotto altro che un picco di violenza. Il giorno dopo l’apertura della crisi l’allora presidente della Repubblica, Ram Nath Kovind, attivò la cosiddetta “regola del governatore”, prevista dalla sezione 92 della Costituzione dell’allora Stato di Jammu e Kashmir: la regola può essere invocata dal governatore, che ha una funzione di garante, col consenso del presidente, nel caso in cui il governo statale non sia in grado di funzionare secondo le disposizioni costituzionali. Contestualmente l’articolo 356 della Costituzione dell’India prevede la “regola del presidente”, che dà a quest’ultimo il potere di imporre un governo centrale. Da allora, il Jammu e Kashmir si trova sotto una sorta di amministrazione straordinaria, governato da un luogotenente che risponde a Nuova Delhi (attualmente Manoj Sinha). Quando l’assemblea fu sciolta, non furono indette elezioni per il suo rinnovo, con la motivazione di rischi per la sicurezza. Alla fine del 2023 la Corte suprema ha posto fine al rinvio a tempo indeterminato ordinando che le elezioni fossero convocate entro il 30 settembre di quest’anno. Il Jammu e Kashmir, dunque, riavrà la sua assemblea e un governo frutto delle scelte degli elettori. Nel frattempo, ha cessato di essere uno Stato. Col riassetto dell’agosto 2019, infatti, è stato declassato in Territorio dell’Unione, privato del suo statuto speciale ad ampia autonomia e separato dal Ladakh, divenuto a sua volta un Territorio a sé. Quel riassetto fu politicamente traumatico: contestualmente alla revoca dell’autonomia, approvata dal parlamento centrale, furono imposte stringenti misure di sicurezza e furono arrestati – come misura preventiva per finalità di ordine pubblico – numerosi politici e attivisti, tra cui Mufti e altri due ex capi del governo statale: l’anziano Farooq Abdullah, presidente della Conferenza nazionale del Jammu e Kashmir (Jknc o Nc), e il figlio Omar, vicepresidente della stessa. Tutti e tre rimasero agli arresti per mesi: gli Abdullah fino al marzo del 2020 e Mufti fino a ottobre dello stesso anno. Le connessioni di telefonia mobile ad alta velocità rimasero bloccate per un anno, mentre nel frattempo era intervenuta la pandemia di Covid-19; le restrizioni alle comunicazioni durarono fino a gennaio 2021, ovvero finché intervenne la Corte suprema. Quando il Jammu e Kashmir era uno Stato e aveva uno statuto speciale, i residenti godevano di un trattamento differenziato in materia di cittadinanza, proprietà immobiliari e diritti fondamentali mentre ai cittadini indiani di altri Stati era vietato acquistare terreni o immobili, stabilirvi la residenza o lavorare per l’amministrazione locale. Le norme sul domicilio sono state successivamente modificate, secondo i detrattori della riforma per alterare la composizione demografica dell’unico Territorio a maggioranza musulmana, secondo i sostenitori per uniformare le regole col resto del Paese e favorire gli investimenti e lo sviluppo. La Corte suprema ha giudicato legittima l’abrogazione dell’articolo costituzionale sullo statuto speciale, anche se le questioni giuridiche non si sono ancora chiuse. In attesa del giudizio popolare del voto, le valutazioni politiche sono opposte: in estrema sintesi, per Modi il Jammu e Kashmir sta rifiorendo, per i partiti storici locali è stato mortificato. La violenza non è finita nel Kashmir, dove l’anno scorso, secondo dati del ministero dell’Interno, sono stati uccisi 14 civili e 30 fra militari e agenti, cui vanno aggiunte alcune decine di presunti “terroristi” uccisi dalle forze di sicurezza. Il ministro dell’Interno, Amit Shah, nel presentare il programma elettorale, ha però evidenziato il miglioramento della situazione, sostenendo che “tra il 2004 e il 2014 si sono verificati 7.217 incidenti, mentre il numero è sceso a 2.272 tra il 2014 e il 2024” e che gli episodi di sassaiole organizzate “sono scesi da 2.654 nel 2010 a zero dopo agosto 2019”. Il Bjp rivendica con orgoglio l’abrogazione dell’autonomia e la “tolleranza zero” nei confronti del terrorismo. Dichiara che lo statuto speciale appartiene al passato e non tornerà mai più, ma che un giorno il Jammu e Kashmir tornerà a essere uno Stato. Il ripristino della statualità, però, non è tra le promesse del suo programma. Lo è invece la sicurezza, che si tratti di separatisti o di insediamenti illegali di rohingya e bengalesi, mentre si intende accelerare la “riabilitazione dei pandit” ovvero della comunità indù sfollata dal 1989, anno delle prime azioni dei ribelli separatisti, e sostenere i rifugiati kashmiri provenienti dal Pakistan. I punti forti del programma economico sono la creazione di una zona economica speciale per l’informatica e lo sviluppo del lungofiume Tawi, entrambi a Jammu, mentre a Srinagar si intende costruire un parco di divertimenti e promuovere il turismo e gli sport acquatici attorno al lago Dal. Ai giovani si promette la creazione di 500 mila posti di lavoro. Il programma prevede inoltre diverse sovvenzioni: per le donne più anziane, per gli studenti universitari, per quelli delle aree remote. I commercianti al dettaglio, i piccoli e medi imprenditori e gli agricoltori sono altre categorie alle quali il Bjp rivolge particolare attenzione, promettendo di risolvere problemi burocratici e ridurre le tariffe. Tra i punti del programma c’è anche un alleggerimento delle bollette arretrate di elettricità e acqua. Il ripristino della statualità è stato promesso, invece, dal Congresso, in un programma che punta sul welfare per gli agricoltori, i giovani le donne. Ai primi il partito ha promesso un’assicurazione sui raccolti e un prezzo minimo di sostegno di 72 rupie al chilogrammo per le mele; sostegno finanziario per le famiglie agricole senza terra, in affitto e proprietarie di terreni; contratti di locazione della durata di 99 anni per gli agricoltori senza terra che coltivano terreni demaniali; l’istituzione di un fondo per tutti i progetti di irrigazione a livello distrettuale. Per i giovani disoccupati è prevista un’indennità; al tempo stesso si intendono coprire centomila posizioni vacanti nell’amministrazione. Anche il Congresso ha assicurato sostegno finanziario alle donne, a quelle capofamiglia in particolare, e ai gruppi di auto-aiuto. Inoltre, se andasse al governo garantirebbe un’assicurazione sanitaria per ogni famiglia. Anche il Congresso si è impegnato per la “riabilitazione dei pandit”, oltre che a istituire una commissione sulle minoranze. Il partito storico del Territorio, la Conferenza nazionale del Jammu e Kashmir, che è stato quasi sempre al governo dell’ex Stato, approvandone la Costituzione con statuto speciale, assicura che si batterà per il ripristino della statualità e dell’autonomia. La Conferenza nazionale fa parte dell’Alleanza indiana per lo sviluppo inclusivo (India) guidata dal Congresso, col quale ha concordato una divisione dei collegi in cui competere. Altri partiti kashmiri concorrono separatamente, tra cui il Partito democratico popolare, sebbene sia la Conferenza nazionale sia il Pdp facciano parte dell’Alleanza popolare per la dichiarazione di Gupkar (Pagd), una coalizione di forze politiche locali che si batte per il ripristino dello statuto speciale. Il confronto con le elezioni assembleari del 2014 è improprio perché le circoscrizioni erano diversamente delimitate e l’ex Stato comprendeva anche il Ladakh. Dal 2014, comunque, ci sono state altre consultazioni elettorali di cui tenere conto. Alla fine del 2020 si sono tenute le elezioni dei Consigli di sviluppo distrettuali (Ddc), nuove entità amministrative locali introdotte in seguito al riassetto. Complessivamente l’Alleanza popolare per la dichiarazione di Gupkar ha ottenuto una buona affermazione, anche se il Bjp è risultato il primo partito. Tra aprile e maggio di quest’anno si sono svolte le elezioni per il rinnovo della Camera del popolo, la camera bassa del parlamento centrale, per il Jammu e Kashmir le prime dopo la trasformazione del 2019. Dei cinque seggi del Territorio due sono andati al Bjp, due alla Conferenza nazionale e uno a un candidato indipendente. Anche in questo caso il confronto con le politiche del 2019 è improprio per via della revisione dei collegi. La Commissione elettorale, che ha snellito alcune procedure burocratiche per favorire la partecipazione, ha comunque sottolineato che l’affluenza complessiva è stata del 58,46 per cento, contro il 44,37 per cento del 2019. Il Bjp si è confermato nelle circoscrizioni di Udampur e Jammu, mentre la Conferenza nazionale ha mantenuto Srinagar e Anantnag-Rajouri. Tuttavia, il vicepresidente della Conferenza nazionale, Omar Abdullah, ha perso a Baramulla, mentre ad Anantnag-Rajouri si è registrata la sconfitta di Mufti.
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