L'84% delle nuove costruzioni ordinate dall'armamento italiano saranno realizzate in Cina
Le misure tariffarie proposte dall'amministrazione governativa di Washington guidata da Donald Trump per contrastare presunte politiche o pratiche irragionevoli o discriminatore da parte della Cina che graverebbero o limiterebbero il commercio statunitense potrebbero teoricamente generare dazi portuali (extra fees) aggregati fino a 40-52 miliardi di dollari. Lo evidenzia lo studio “Centro Studi Confitarma - Possibili impatti dei dazi USA sull'industria dello shipping italiano” che pubblichiamo di seguito e che è stato redatto dal Centro Studi della Confederazione Italiana Armatori (Confitarma).
Il rapporto analizza le misure ipotizzate dall'United States Trade Representative (USTR), che includono dazi fino a 1,5 milioni di dollari per ogni scalo negli Stati Uniti di navi costruite in Cina o gestite da operatori con commesse in cantieri cinesi, e propone simulazioni di impatto che stimano questi rilevanti sovraccosti portuali potenziali per lo shipping, con ricadute dirette sulla competitività dell'industria marittima e manifatturiera europea.
Lo studio ricorda che gli USA sono partner strategico commerciale dell'Italia - il primo destinatario delle esportazioni dal nostro Paese al di fuori dell'UE - con oltre 63 miliardi di euro, di cui oltre il 60% viaggia via mare, e secondo dopo la Cina per le importazioni nazionali con quasi 26 miliardi di euro dei quali il 45% viaggia via mare. In tonnellate di merci trasportate, quasi il 100% delle importazioni e il 98,2% delle esportazioni italiane da e verso gli USA viaggia via mare.
Inoltre, l'analisi evidenzia che oltre il 17% della flotta italiana è costruita in Cina, quota che sale all'84% considerando solo le nuove costruzioni attualmente ordinate dall'armamento italiano ed in consegna entro il 2028. Le tipologie di naviglio potenzialmente più esposte sono le navi da carico secco, seguite da traghetti, chimichiere e petroliere. Attraverso l'analisi di tre case study il report dà una valutazione delle possibili ripercussioni per i consumatori, in primis americani ma anche europei in ragione dell'effetto negativo sulla domanda di importazioni degli Stati Uniti.
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